I “costruttori”
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sui libri dell’università: abbiamo conosciuto una crisi finanziaria spaventosa, che af-
fonda le proprie radici nella natura irresponsabile del capitalismo senza regole; ab-
biamo assistito a piani di salvataggio di Paesi dell’Unione Europea dopo aver prima
provveduto al salvataggio delle loro banche e istituzioni di credito. Abbiamo cono-
sciuto la crisi del mercato del lavoro, dettata dal crollo della domanda globale, che ha
infranto tante speranze e il mito – a dire la verità superato da tempo – che le economie
di mercato occidentali potessero garantire benessere diffuso e che la produttività po-
tesse essere espansa all’infinito, garantendo così risorse e occupazione. La realtà si
è invece palesata in tutta la sua fragilità. Ancora, abbiamo assistito all’emergere di
Paesi che fino a qualche anno fa erano dimenticati: il Brasile, la Cina, l’India.
Oggi guardiamo a quei Paesi come a una minaccia e al contempo come a una fonte
di opportunità. Siamo confusi e ne abbiamo buoni motivi: l’Unione Europea vive di
riflesso la fiacchezza dei suoi membri e le sue istituzioni non riescono ad incidere
come dovrebbero sia nei confronti degli Stati che la compongono sia negli affari del
mondo.
I vertici mondiali, prima G8, ora per fortuna G20, sembrano ripetere dei rituali stan-
chi (ivi comprese le manifestazioni no global – divenute a loro volta riti altrettanto
vuoti – che li accompagnano). Forse rimangono solo i buoni propositi ad animarli:
riformare il sistema finanziario globale perché non succeda più una crisi come quel-
la del 2007; riformare il sistema delle istituzioni internazionali, a partire dall’ONU e
dalla NATO; ancora combattere la povertà (ormai impossibile raggiungere gli Obiet-
tivi del Millennio entro il 2015), portare sicurezza e pace in zone strategiche del
mondo (la pace in Medio Oriente ormai è fuori dall’agenda anche del Presidente
americano, nonostante il rito dei colloqui di pace). Solo buoni propositi infatti.
Ed oggi si aggiungono modalità di gestione del potere internazionale poco traspa-
renti oltre che dedite al gossip, come mostrano le imbarazzanti e preoccupanti no-
tizie diffuse sui siti web delle principali testate giornalistiche del mondo in seguito
allo scandalo WikiLeaks.
Il presupposto affinché la politica possa provare a indicare una via dovrebbe essere
un’analisi il più possibile imparziale e libera della realtà, o vi sarebbe una disonestà
intellettuale di fondo che porterebbe a caduta a inficiare tutte le proposte conse-
guenti. Quest’analisi ci porta a far emergere molte criticità, che ci stimolano ancora
di più a non fermarci, bensì ad andare avanti con nuovi progetti e speranze. Possia-
mo provare a elencare qualche spunto sia per il Paese sia per il Trentino.
L’Italia
All’interno di questo quadro si colloca un Paese paradossale, l’Italia: ricco di risor-
se, di idee, di valori, ma senza un obiettivo, un senso comune di appartenenza, una
classe dirigente capace di governare i cambiamenti.
Gli scenari internazionali sono fustigati da un continuo rincorrersi di notizie negati-
ve o addirittura catastrofiche sull’andamento dell’economia globale e il nostro Pae-
se è sempre posto quale esempio di rischio.
La perdita di credibilità comune è tale che anche chi tenta di rilanciare con argomen-
tazioni serie e ragionate viene travolto dalle semplificazioni, dal dubbio, da quel
naturale atteggiamento di difesa che si è insinuato nella mente di tutti e che porta
a fare “di tutta l’erba un fascio”. Responsabilmente, però, chi vorrebbe migliorare
questo quadro non può rinunciare a provarci.
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