I “costruttori”
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La pubblica amministrazione non è ancora percepita come un volano per le im-
prese, e nemmeno come un sostegno per le famiglie. Spesso non ci rendiamo
conto che la pubblica amministrazione è il biglietto da visita, il primo impatto
con il mondo esterno e anche con gli utenti. Le persone, i lavoratori pubblici
sono la vera forza del sistema amministrativo provinciale; per questo sempre
più occorrerà puntare sulla valorizzazione del merito, favorendo la massima
trasparenza nelle assunzioni anche delle società partecipate oltre che della
pubblica amministrazione in senso stretto, e più che sull’anzianità di servizio si
deve riuscire a premiare chi è bravo e ha voglia di fare.
La seconda sfida è costruire un sistema di responsabilità e autonomia degli
attori economici.
Quest’ultimo passaggio, quello del merito, della selezione coinvolge in pieno il
settore privato e il rapporto – anomalo, troppo stretto – che vi è con il pubblico.
Dobbiamo prenderne atto: in Trentino troppo spesso il mercato lo fa il pubblico.
Sia attraverso il ricorso ai contributi, sia alla enorme mole di risorse di inve-
stimento: il mercato immobiliare è tirato dagli investimenti e dalle operazioni
condotte da società pubbliche o partecipate; Il comparto del turismo in molte
aree non è in grado di farsi impresa ed è fortemente sostenuto dal pubblico;
il settore dell’industria fatica a trovare una sua identità, in una terra a bassa
vocazione industriale; l’agricoltura vive forse la sua stagione più difficile e rap-
presenta bene il salto di qualità che siamo chiamati a compiere.
La crisi economica però, dopo una manovra anticrisi che aveva la finalità di non
far saltare il sistema economico e sociale nel suo complesso, ha consentito di
far emergere molte contraddizioni presenti, ed oggi la Provincia ha incomincia-
to a intraprendere una via diversa, quella di premiare la produttività rispetto
alla contribuzione a pioggia. Una strada ancora lunga, da ampliare gradual-
mente, ma che è l’unica che può consentirci di guardare con serenità a un futu-
ro dove le nostre entrate dipenderanno (soltanto) dalla capacità produttiva del
sistema stesso: questo deve diventare il nostro mantra!
Ecco perché serve una maggiore autonomia dell’iniziativa privata: essa signi-
fica più responsabilizzazione, più
accountability,
più libertà di prendere de-
cisioni scomode. Rendere tutto pubblico o tutto “salvabile” quando l’acqua
tocca la gola è un errore strategico, un danno duplice per le casse pubbliche
e per l’autonomia dell’iniziativa privata, inclusa quella cooperativa che lo è a
tutti gli effetti.
A questo proposito occorre sostenere la riflessione profonda in atto nel mondo
della cooperazione, e riconoscere che è un modello che non deve essere rele-
gato a qualche settore marginale in cui non arriva il privato, ma che può stare
legittimamente in molti settori del mercato. Questo naturalmente comporta
capacità manageriale interna, capacità di rinnovamento, capacità di coinvolgi-
mento autentico dei soci e un sistema di controlli rigoroso, senza la presenza
della politica a garantire ogni operazione. E una grossa mano dovrà darla la
politica stessa, nel non metterci troppo le mani.
Ecco allora che ciascuno deve ritornare ad appropriarsi dei propri ruoli. Ci vuole
maggior senso dei confini, delle competenze, della responsabilità.
La logica in base alla quale il privato chiede i soldi al pubblico, li spende con
imperizia, leggerezza, incompetenza e poi chiede una mano è una logica molto
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