Prospettive
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Carlo Dellasega
Prima di entrare nel merito, è bene chiarire due punti. La cooperazione è un modello
di imprenditorialità in forma associata che opera nei mercati nazionali e internazio-
nali, al pari delle imprese di capitali. Le cooperative non sono protette da campane di
vetro, poste al riparo dalle congiunture negative. Subiscono come ogni altra impresa
le fasi recessive, tentando, questo sì, di reagire in maniera diversa. Non delocalizzan-
do, non vendendo a investitori esteri, e ricorrendo, in casi dolorosi ma per fortuna
rarissimi, al licenziamento. Alcuni dati possono risultare di qualche interesse: nel
2009, anno come è noto di grave crisi, il fatturato complessivo delle imprese coo-
perative trentine è calato solo di un 3%. Persino nel consumo (famiglie cooperative)
e nelle cooperative di produzione e lavoro abbiamo, anche se di poco, migliorato le
nostre performance rispetto all’anno precedente. La crisi ha invece morso le imprese
del settore agricolo, che hanno chiuso i bilanci con un calo del 10%.
Di fronte a uno scenario locale economico che offre oggettive ragioni di preoccupa-
zione, l’80% delle cooperative ha chiuso il proprio bilancio in utile, mentre solo il
20% ha registrato una perdita contabile. La media provinciale delle imprese in utile
si attesta al 54%.
Negli ultimi 4 anni, inoltre, le cooperative hanno destinato risorse prevalentemente
a riserva indivisibile, mettendo da parte oltre 550 milioni di euro. Un patrimonio
intergenerazionale di enorme valore!
Siamo stati costretti nel caso del caseificio sociale di Pinzolo Fiavé e Rovereto a
ricorrere alla cassa integrazione straordinaria per crisi, che ha coinvolto una decina
di lavoratori, e alla procedura di mobilità per altre 17 persone; a tutt’oggi abbiamo
in essere alcune richieste di cassa integrazione ordinaria di imprese di produzione
e lavoro che operano prevalentemente per contoterzisti della grande industria. Ma
vorrei ricordare come le nostre imprese abbiano assunto 570 persone: quasi due
persone ogni giorno sono state lungo il 2009 inserite a tempo indeterminato negli
organigrammi aziendali.
Il secondo punto che merita di essere approfondito riguarda un altro luogo comune
che vede l’impresa cooperativa come soggetto economico che vive e cresce grazie ai
contributi pubblici. I dati degli Uffici della Provincia autonoma di Trento smentisco-
no clamorosamente questa “leggenda metropolitana”: negli ultimi 10 anni su 737
milioni di euro, messi a disposizione dalla Legge 6 sugli investimenti, solo 15 milioni
sono stati intercettati da cooperative: meno del 2%. Su circa 20 milioni, messi a di-
sposizione negli ultimi 8 anni questa volta dalla Legge 17 sulla consulenza, solo 1 mi-
lione è finito nei bilanci delle cooperative. Il settore che invece usufruisce di copiosi
finanziamenti pubblici è senza dubbio l’agricoltura (oltre il 90%). La ragione, ovvia, è
che l’agricoltura, fortemente sostenuta anche a livello di Unione Europea, viene eser-
citata quasi esclusivamente in forma cooperativa. Più del 90% dei prodotti agricoli
sono commercializzati da imprese cooperative. Infine, la Legge regionale 8 del 1964
e la Legge provinciale 15 destinano circa 5 milioni di euro a favore della promozione
della cooperazione e della vigilanza.
Ma veniamo ora alle questioni sollevate nella domanda. Credo sia bene distingue-
re un caso dall’altro. Su oltre 530 imprese appartenenti al movimento cooperativo
l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica si è concentrata, in questo tempo di
crisi generale per l’economia locale, sui casi del caseificio di Fiavé e della cantina
sociale di Lavis, due rilevantissime imprese cooperative. Imprese che possono aver
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