Prospettive
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Per quanto riguarda i settori senza futuro, qui andrebbero effettuate delle scelte,
che saranno certamente dolorose per le imprese che vi operano, ma si tratta di pas-
saggi inevitabili. In settori in crisi strutturale, le imprese in crisi non hanno alcuna
prospettiva. Si tratta di casi nei quali la stessa Unione Europea prevede la conces-
sione di aiuti di Stato al solo scopo di liquidare le imprese, ovvero di pilotarle al di
fuori del settore. Il primo aspetto è per certi versi drammatico, ma “facile”: l’impre-
sa viene posta in liquidazione, ovvero rilevata per essere liquidata. Il settore viene
aiutato togliendo offerta produttiva, in modo da riallineare su livelli più bassi un
equilibrio tra domanda e offerta, lasciando spazio ai soggetti meglio gestiti. Il primo
esempio che mi viene in mente è il settore dell’autotrasporto.
Il sostegno all’impresa per uscire dal settore richiede non tanto risorse finanziarie,
ma soprattutto strategia e management che spesso è drammaticamente assente in
queste aziende. Di più, salvo casi particolari, il livello del management delle impre-
se trentine è mediamente basso, proprio perché sono poche quelle imprese in gra-
do di trattenere i manager migliori, e questi si trattengono non solo con lo stipendio,
ma soprattutto con gli stimoli professionali e con le prospettive.
Il settore dei servizi è molto diversificato. Lasciando da parte l’Ente pubblico, in que-
sto settore si raggruppano i settori finanziari, l’informatica, i servizi alle imprese e so-
prattutto il turismo. Anche qui vi sono importanti imprese private e significative realtà
cooperative. Per esigenze di spazio mi limiterò a qualche cenno sul settore informa-
tico e sul settore finanziario, lasciando alcune considerazioni sul turismo in chiusura.
Il primo vede alcuni soggetti importanti, altri piccoli. Abbiamo alcuni significativi player
nazionali, che operano in settori specifici (sistemi gestionali bancari e servizi fiscali,
paghe). Altre realtà, forse meno focalizzate, seppur di grandi dimensioni, faticano a
trovare adeguate condizioni di redditività, mentre Informatica Trentina va a mio avviso
collocata senza indugio all’interno dell’ente pubblico, come una sorta di ente funzio-
nale della Provincia, organizzato in forma di società per azioni. Ne conseguono specifi-
cità tali da cancellare buona parte dei punti in comune con le altre aziende del settore.
Si tratta di un segmento con interessanti potenzialità, anche alla luce dell’attenzione
che il sistema della ricerca, non solo quello locale, ma anche quello europeo, dedica-
no al settore dell’Information Technology. In prospettiva potrebbe nascere un distret-
to, in grado di creare valore aggiunto e, cosa interessante, in modo trasversale ai vari
settori dell’economia.
Il settore finanziario presenta indubbi punti di forza, basati essenzialmente sulla buo-
na qualità del credito che viene concesso e sulla complessiva affidabilità finanziaria
delle famiglie e delle imprese trentine. I punti di debolezza sono peraltro evidenti.
Innanzitutto manca un sistema del credito provinciale. Circa il 70% del mercato è dato
dal credito cooperativo, che, per sua natura, è formato da banche di piccole dimensio-
ni, che talvolta faticano nella raccolta, non dispongono di adeguate professionalità,
non possono utilizzare strumenti e approcci evoluti in quanto da un lato mancano
appunto le professionalità, dall’altro la piccola dimensione non consente grandi mar-
gini di manovra. Si tratta quindi di una quota dominante del mercato del credito, ma
popolata da soggetti di piccole dimensioni, spesso non coordinati e che rifiutano di
fatto una regia unitaria.
I costi di gestione di queste banche sono spesso non compatibili con la redditività
che, soprattutto in questo momento, caratterizza il settore, con spread tra tassi attivi
e passivi molto stretti.
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