Prospettive
70
ben diverso è – credo – il nostro tasso di adesione consapevole a questo onere
necessario se possiamo considerarci cittadini-soci, partecipi della Comunità
nazionale, regionale e locale ovvero se tendiamo o siamo costretti a conside-
rarci sudditi, perché non abbiamo alternative e ci sentiamo soggiogati dalle
leggi e dal “potere”.
Questo coinvolge il modo stesso di concepire i nostri doveri e diritti di apparte-
nenza e partecipazione e quindi il livello di consapevolezza della nostra respon-
sabilità, prima di tutto personale.
2)
Il nostro grado di adesione-accettazione consapevole e responsabile ai do-
veri-diritti di cittadinanza
tende peraltro ad essere direttamente proporzionale
alla distanza che intercorre tra il cittadino/l’impresa e il soggetto e l’ente pub-
blico che percepisce e quindi utilizza le risorse finanziarie derivanti dal paga-
mento delle imposte, trasformandole in servizi e prestazioni pubbliche. Questo
ha anche un suo converso assai importante ed è quello che per avere maggiore
responsabilità e probabilità di buon utilizzo delle risorse pubbliche, unito a un
livello più alto e consapevole di controllo “sociale” da parte dei cittadini, è ne-
cessario far coincidere il più possibile la responsabilità di chi decide di imporre
le “tasse” con la responsabilità di chi spende le risorse stesse, quindi far coin-
cidere il più possibile nello stesso soggetto la responsabilità delle entrate con
la responsabilità delle decisioni sulla spesa!
Ciò premesso, per comprendere il significato sostanziale della legge sul federalismo
fiscale occorre anche ricordare
come si è evoluta la finanza pubblica e la fiscalità
italiana nel dopoguerra: dalla riforma fiscale degli anni ’70
si è assistito a una
forte concentrazione della fiscalità nello Stato centrale.
Questa scelta derivava anche dalla constatazione delle grandi diversità tra le eco-
nomie del nord, del centro e del meridione di Italia e quindi delle diverse capacità di
procurarsi le risorse necessarie per garantire a tutti i cittadini le medesime oppor-
tunità e analoghi livelli di prestazioni pubbliche. A questa scelta però se ne associò
un’altra o meglio due altre: una per le regioni a statuto speciale e un’altra per quelle
a statuto ordinario.
Alle Regioni a statuto speciale
come la nostra fu riconosciuta,
come principale strumento di finanziamento dei loro bilanci, una serie di compar-
tecipazioni, per lo più in forma fissa, del tipo nove, otto, sette ecc. decimi, ai gettiti
dei tributi erariali riscossi (o prodotti o riferibili) sul loro territorio.
Per le Regioni a
statuto ordinario
, invece, si scelse una via ben diversa, cioè quella di finanziare i
loro bilanci attraverso una serie numerosa di fondi statali, gestiti dai vari Ministeri
competenti per materia, per ciascuno dei quali venivano stabilite modalità e criteri
di riparto e assegnazione dei fondi a livello regionale e locale, tenendo accentrati
sia i fondi che la definizione delle politiche.
Da questa impostazione deriva un rapporto Stato-Regioni in termini quasi gerarchi-
ci e comunque scarsamente orientato al principio di leale collaborazione, di recipro-
co riconoscimento di autonomia, di ruolo e di responsabilità.
Questa diversa impostazione del rapporto tra Stato e Regioni Speciali, che oltre
al più favorevole sistema di finanziamento, disponevano di maggiori competenze
legislative e della potestà legislativa esclusiva (cioè di fare leggi con meno vinco-
li rispetto alle leggi delle altre regioni in molte importanti materie quali cultura e
beni culturali, assistenza, urbanistica, agricoltura, foreste, servizi e tante altre), si
pone alla base del
dibattito aperto ormai da tempo a livello nazionale, ma anche
1...,60,61,62,63,64,65,66,67,68,69 71,72,73,74,75,76,77,78,79,80,...112