prospettive
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Giulio Piffer
Gli stranieri in Trentino: solo forza lavoro?
Luca Zeni
Ha da poco concluso una tesi sul lavoro straniero nelle realtà alberghiere trentine.
Che lettura dà della presenza straniera in Trentino, e come incide questa presenza
sui rapporti sociali?
Giulio Piffer
Il rapporto con gli stranieri in Trentino è sicuramente complesso, così come lo è in
Italia e in Europa. In tutti e tre i casi, l’elemento che caratterizza le relazioni tra le
persone “altre” e gli “autoctoni” è la visione, ormai affermata a tutti i livelli (legi-
slativo, culturale ecc.), che lega gli stranieri allo status di lavoratori. Tralasciando in
questa sede la verifica sulla sostenibilità o meno di questa lettura, ritengo interes-
sante prendere in considerazione alcuni spunti di riflessione sugli effetti che essa
produce.
1)
I
fenomeni migratori vengono presentati come temporanei, funzionali e facil-
mente gestibili
. Il che equivale a sostenere che una volta che il mercato del la-
voro espelle i lavoratori stranieri, anche la società dovrebbe fare altrettanto.
I dati dimostrano invece che la presenza straniera è sempre più strutturata e
costante e un’ampia letteratura a riguardo spiega come più l’esperienza mi-
gratoria della persona si stabilizza, più il rientro in patria viene vissuto come
un elemento forzato, impegnativo, socialmente e psicologicamente costoso.
2)
I lavoratori stranieri, soprattutto se immigrati, entrano in contatto con la socie-
tà “d’approdo” in posizione di netto svantaggio
. Le loro esperienze e compe-
tenze sono di norma state maturate e codificate in un contesto terzo rispetto a
quello dove si instaura il rapporto di lavoro e quindi difficilmente spendibili. Il
fatto di essere “alieni” al contesto in cui ricercano lavoro si traduce in un’igno-
ranza – almeno iniziale – di tutti gli elementi necessari per potersi muovere
con autonomia all’interno delle regole, delle prescrizioni e delle tutele proprie
del sistema ricevente. L’urgenza di trovare un’occupazione (pena l’ingresso
nell’irregolarità e nell’illiceità) li pone nelle condizioni di accettare condizioni di
lavoro spesso penalizzanti e di non poter mettere in atto una compiuta proget-
tualità occupazionale e quindi personale.
3)Di fatto
l’apporto dei lavoratori immigrati è confinato all’interno di determinate
nicchie occupazionali
che – salvo alcune eccezioni – coincidono con i lavori a cui
la forza lavoro locale non ambisce, perché ritenuti dequalificanti. La stagnazione
dei lavoratori stranieri all’interno di queste mansioni contribuisce significativa-
mente alla costruzione di un’immagine negativa del fenomeno immigrazione.
4)Le suddette dinamiche si accentuano ulteriormente se gli sbocchi occupazio-
nali a cui gli stranieri accedono sono di tipo stagionale (come quelli legati alle
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