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Don Paul Renner
Speranza e impegno per la giustizia sociale
Luca Zeni
Ogni giorno siamo bombardati da milioni di informazioni che creano un rumore di fon-
do che ci fa sembrare il mondo una palla impazzita che viaggia nello spazio senzamèta.
C’è davvero spazio oggi per un impegno – nel sociale, nel lavoro, nella politica – che
abbia un senso e non sia soltanto andare avanti per inerzia? Ha ancora senso parla-
re di speranza e impegno per la giustizia sociale?
Don Paul Renner
Sono stato in settembre in Uzbekistan. Una delle immagini che mi ha maggiormente
colpito sono stati gli studenti delle superiori e dell’università chini sui campi di co-
tone a raccogliere per due mesi la preziosa fibra. Uno stato post-sovietico con molte
difficoltà risolve in questo modo l’esigenza di manodopera a costo zero. Qualche
compagno di viaggio pensava già ai nostri frutteti… ma ho obiettato che la cosa non
mi sembrava molto etica e dunque nemmeno fonte di speranza e di un impegno
volontario e sincero; di seguito cerco di spiegarne il perché.
L’etica della coscienza
L’etica (termine greco, reso dal latino
mores
) segnala il passaggio per l’uomo dal
“dover essere” dell’animale (l’
ethos
) alla impegnativa libertà del “poter essere”. Ciò
è frutto della cultura (
colere
= coltivare se stessi, il mondo, il rapporto con gli dèi),
mentre l’animale agisce in base alla compulsione dell’istinto o del vantaggio e non
ha la dimensione morale, in quanto non è capace di ri-flettere, di avere l’autoperce-
zione valutativa che possiamo appunto definire
cum-scientia
.
Ebbene sì, proprio la
coscienza
è ciò che caratterizza l’uomo rispetto all’animale,
un termine che – per inciso – non compare mai al Concilio Vaticano I ma oltre 80
volte al Vaticano II. In passato ci avevano infatti insegnato che occorre fare
l’esame
di coscienza
, ovvero verificare di non aver trasgredito i precetti fissati da Dio, dalla
Chiesa e dalla società. Negli ultimi tempi abbiamo invece maturato la convinzione di
dover provvedere a una
ricerca della coscienza informata e formata
: si sta insom-
ma passando dall’etica apodittica e precettistica all’etica della responsabilità nella
situazione. E questa per me è una grande sfida e al tempo stesso un grande motivo
di speranza per un rinnovato impegno nel mondo, basato sul discernimento e non
più sulla cieca obbedienza. Seguire la coscienza significa infatti rispondere alle esi-
genze proprie e dell’altro, attuando la “regola d’oro” («Ciò che ti aspetti dagli altri,
fallo a loro»), intessuta di rispetto e solidarietà, evitando di cadere nell’individuali-
smo di Caino che sentenzia «Sono forse io il custode di mio fratello?».
Per i cristiani
naturalmente “seguire la coscienza” significa anche rispondere alla
Parola di Dio e alle sue sfide e indicazioni, per attuare quella che il teologo Johann
prospettive
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