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Interconnessi
a cura di Alberto Faustini
Alberto Faustini
Partiamo dalla fine. O dall’inizio: un paio d’anni fa i giornali si chiedevano se fosse
nata una stella della politica. Al congresso della Margherita, un giovane fece come
nella favola di Andersen: guardò il re e anziché fargli tanti complimenti per come
s’era vestito gli disse che era nudo. Spaccò subito il partito: per alcuni avrebbe fatto
meglio a starsene zitto. Per altri – Dellai fra questi – era un giovane da tenere d’oc-
chio. Un migliaio di giorni dopo quel giovane è da due anni consigliere provinciale.
Dellai non l’ama più. E il Pd, che talvolta sembra essere, pur partito di maggioranza
relativa, l’unico oppositore della Giunta, l’ha nominato capogruppo.
Consigliere, quante cose sono accadute...
Luca Zeni
Sembrano effettivamente esser trascorsi decenni, ma abbiamo tutti attraversato una
fase di grandi cambiamenti, sia nello scenario della società in cui viviamo – pensiamo
alla profonda crisi economica del 2008-2010 – sia nella geografia dei partiti che rap-
presentano i cittadini e le loro sensibilità. Nel 2006 non esisteva il Partito Democrati-
co, Prodi governava il Paese con l’Unione, rivelatasi sin dall’inizio una coalizione liti-
giosa, dimostrando che per governare il Paese non basta essere opposizione efficace.
All’epoca, Dellai era a metà del suo secondo mandato, e quello che intuimmo con
la mia candidatura era che si stava chiudendo un ciclo. Di fatto anticipammo un
percorso che si concluse nel 2008.
Ero convinto, insieme alle tante persone che mi aiutarono in quell’avventura, che
occorresse cambiare dall’interno il partito – all’epoca la Margherita era il partito di
maggioranza relativa e gestiva gran parte del potere – rinnovandone modi e stili di
condotta, linguaggio, capacità di innovazione. Di fatto mettemmo in discussione
una classe dirigente e una modalità di gestione del potere. Mi misi in gioco con
tanti – tra cui il Presidente Dellai – che condivisero quel percorso. La maggioranza
dei cittadini comprese la linea, ma purtroppo potevano votare soltanto coloro che
erano già tesserati del partito, non si conoscevano ancora le primarie!
La storia successiva, a mio avviso, ci ha dato ragione e ci ha dato torto al tempo
stesso. Ragione, perché quella stessa esigenza di cambiamento e innovazione è
ancora oggi viva ed anzi più pressante; torto, perché la Margherita non poteva rin-
novarsi dall’interno, c’era bisogno di un passo in avanti e di una rottura. Ricordo
che Dellai in privato ne parlava: per vincere occorreva avessimo tutti il coraggio di
rompere, come era accaduto ai tempi dei “democratici popolari” nei primi anni ’90.
In quella fase, però, non ci parve che la radicalità fosse un elemento necessario e si
tentò il rinnovamento interno.
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