L’intervento pubblicato sul Corriere del Trentino
Un nuovo ente per gestire la cultura
Le recenti polemiche sorte attorno alla gestione del Centro Servizi culturali “S. Chiara” di Trento hanno indotto alcune riflessioni, fra le quali spicca quella della consigliera di FDI Ambrosi, la quale ipotizza un rilancio dell’ente, non più all’altezza dei tempi secondo il suo punto di vista, anche attraverso una fusione con il Coordinamento Teatrale Trentino.
L’idea, non nuova, gira da molto tempo sui tavoli dei “decisori” della cultura provinciale, senza esser mai approdata a nulla, nonostante l’impegno profuso in passato in tale direzione.
Ci sono infatti alcuni ostacoli nel fondere, ad esempio, un ente pubblico con un’associazione privata, seppur composta da enti pubblici, così come si sono sempre registrate forti resistenze da parte dei Comuni soci del Coordinamento Teatrale Trentino nell’affidare le proprie programmazioni ad un soggetto sempre apparso, almeno in passato, più urbanocentrico che non attento alle periferie. Si dovrebbe inoltre avviare un confronto approfondito con i Comuni di Trento e Rovereto, che sono fra i soci sia del Centro “S. Chiara” che del Coordinamento Teatrale Trentino.
Nonostante tali difficoltà quel ragionamento potrebbe però essere ripreso proprio ora che il Coordinamento ha costituito i suoi nuovi organi e che il “S. Chiara” pare alla ricerca di una nuova definizione di se stesso. Sarebbe un segnale concreto per una politica culturale che, fin qui, sembra aver latitato soprattutto sul piano provinciale.
La suggestione di un nuovo soggetto, terzo rispetto al quadro attuale, potrebbe non essere insomma peregrina.
In un tempo di contrazione delle risorse ed a fronte di una crescente omogeneizzazione della domanda culturale del territorio, ipotizzare la costituzione di un nuovo ente – partecipato da Provincia e Comuni, capace di assolvere a compiti programmatori ed organizzativi ed al contempo attento ai nuovi orientamenti culturali nazionali ed internazionali ed alla collaborazione regionale ed euroregionale, ma anche alle esigenze delle periferie e delle valli – potrebbe essere un elemento di vera innovazione e di spinta in avanti per l’intero settore culturale e di produzione dello spettacolo in Trentino.
Si tratta di un progetto ambizioso e che va fondato su una seria logica programmatoria, non ridotta a mera lista della spesa, bensì capace di guardare avanti e di interpretare la domanda sociale e culturale. Ma si tratta anche di un traguardo politico in una Legislatura segnata da un forte immobilismo del settore, da una ricerca esclusiva del consenso, attraverso monetizzazioni poco impegnative sul versante dell’innovazione e da una impronta dirigistica pubblica che lascia più di una perplessità.
Pur consapevoli delle difficoltà, su un simile percorso si potrebbero trovare condivisioni diffuse ed inattese, anche in un’ottica di uso efficace della spesa, purché vi sia, a monte, un processo condiviso ed una visione non piegata sulle convenienze momentanee o sulle sciocche concorrenze territoriali, ma aperta e proiettata in avanti.
Tutto questo potrebbe consentire anche quella ormai indifferibile revisione del sistema del sostegno pubblico alla produzione culturale, che da anni si auspica in Trentino e che strumenti come il Fondo provinciale per lo Spettacolo non paiono essere riusciti a soddisfare, alimentando ancora una volta dannosi processi di autopromozione di singoli o di interessi parziali.
Uno sguardo di riordino potrebbe essere dedicato inoltre al delicato settore della gestione quotidiana degli spazi e dei teatri, attraverso una politica non di delega a terzi, quanto di programmazione e di specializzazione delle diverse strutture, prima che divengano obsolete ed ingovernabili, come qualche caso sul territorio sta già dimostrando.
Aprire un dibattito è compito della politica, parteciparvi è responsabilità di tutti.
Luca Zeni