L’intervento pubblicato sul Corriere del Trentino, che tratta della necessità di un rapporto leale tra Trento e Bolzano e sottolinea le contraddizioni presenti oggi.

 

TRA TRENTO E BOLZANO UN CONFRONTO LEALE

Al di là delle scaramucce quotidiane, che colorano il dibattito politico in queste prime fasi della nuova Legislatura, pare stiano prendendo forma alcune scelte strategiche ed ideologiche sulla quali è necessario chiamare la pubblica opinione ad una riflessione profonda.

Pochi giorni fa il Corriere del Trentino ha dato conto di alcune dichiarazioni rese dal Presidente della Provincia autonoma di Trento, in relazione all’ipotesi infrastrutturale della Valdastico ed alla sua realizzazione. Senza molti giri di parole, emergeva il completo disinteresse del governatore trentino per le osservazioni critiche mosse in proposito dal collega di Bolzano, segnando così un ulteriore strappo nella già evidente debolezza dei rapporti correnti fra i due territori e le due Istituzioni, i cui indirizzi politici  appaiono ogni giorno più distanti e divergenti fra loro. Non è il primo segnale e, purtroppo, non sarà l’ultimo.

Non si tratta qui di difendere talune posizioni di chi è capacissimo di far valere da solo le proprie opinioni, ma di evidenziare due ordini di problemi che emergono dalla frequenza crescente dei distinguo su più di un tema, dai reciproci allontanamenti di visione del domani; dalle diverse concezioni circa il futuro dell’intera geografia alpina  centrale.

In “primis”, un progressivo infiacchimento dell’autonomia che, nella sua storia, ha sempre poggiato l’ampiezza del suo sviluppo, sulle grandi questioni, su di un dialogo costruttivo fra Trento e Bolzano, dialogo che oggi pare sempre più frammentarsi e ridursi proprio al minimo essenziale. In “secundis” l’evidenza di un ormai concreto strabismo politico che porta il Trentino, in modo del tutto astorico ed innaturale, ad omologarsi ed allinearsi, spesso supinamente ed acriticamente, alle istanze ed alle posizioni delle realtà regionali confinanti, sia venete come lombarde, mentre, al contempo, si tende ad uniformarsi ai “desiderata” romano e statale. In tal modo si rinuncia platealmente e consapevolmente all’esercizio delle prerogative autonomistiche, pur di non disturbare i “reggitori delle magnifiche e progressive sorti nazionali” e rimettendo così ogni decisione importante al dettato ministeriale e governativo, come dimostrano recenti decisioni in materie come la sanità, il welfare, la sicurezza, l’ambiente, le politiche sociali ecc..

Su questo preoccupante orizzonte si staglia quindi il progressivo e monotono ricorso agli slogan da campagna elettorale permanente, slogan spacciati per linee di governo o per strategie di lunga deriva, ma ridimensionati ogni giorno dall’impatto con una realtà che abbisogna, anziché di vuote formule retoriche, di progetti lungimiranti, piuttosto che recuperati dalla polvere della storia. Occorrono traguardi concreti verso i quali orientare le politiche della spesa pubblica, in una dimensione di ritrovata programmazione, per disegnare concretamente il tempo che verrà per questa  nostra “piccola patria”, il cui senso è solo dentro una ritrovata impronta autonomistica ed una dimensione europea ed euroregionale.

Non basta infatti riesumare il consunto fantasma hoferiano per indicare prospettive culturali ed identitarie; non è sufficiente spolverare, per l’ennesima volta, la famosa PI.RU.BI. chiamandola Valdastico ed immaginando che essa costituisca la panacea ai limiti endogeni dello sviluppo; non appare più credibile una politica che alimenta paure ed insicurezze, anche quando i fenomeni appaiono talmente ridimensionati da essere risibili. E non è utile  “fare spallucce” di ciò che si pensa a Bolzano, per dimostrarsi indipendenti e forti a Trento ed infine, non sembra costruttivo limitarsi alla cancellazione “tout court” di quanto fatto in passato, facendo passare quest’opera di ingenerosa “pulizia normativa” come una straordinaria scelta che renderà radioso il futuro tutto del Trentino.

Senza presunzione alcuna, io credo che invece al Trentino – ed anche e non secondariamente all’Alto Adige/Südtirol – serva oggi, non tanto un perenne reciproco ignorarsi pur in un contesto di rispetto formale reciproco, quanto piuttosto un nuovo, coinvolgente e sensibile confronto leale, senza per questo abdicare alle singole dignità territoriali, attraverso il quale individuare insieme punti di forza e di debolezza dell’impianto autonomistico complessivo e della sua connessione alla modernità in continua trasformazione. 

Privilegiare meno, da un lato gli interessi del leghismo salvinista nazionale e, dall’altro, il pragmatismo più spregiudicato ed autoreferenziale, per promuovere, congiuntamente laddove possibile e singolarmente per le specifiche peculiarità, un moderno modello di autonomia avanzata, capace di servire anche da punto di riferimento istituzionale e costituzionale  per le culture neoregionaliste che paiono avanzarsi in alcune realtà del settentrione italiano. Dall’energia alla sanità, dalle infrastrutture all’ambiente, dal turismo all’agricoltura, sono molte le materie che necessitano di un coordinamento regionale per avere una prospettiva programmatoria autentica. Un modello di autonomia che viva dunque in un progetto politico alto, anziché in meri inseguimenti di effimeri consensi. 

 

                                                                                                             Luca Zeni