Quale contributo al confronto sullo stato dei servizi sanitari nella Valli di Fiemme, voglio in questa sede esprimere alcune considerazioni.
Innanzitutto ritengo necessario ribadire che le valutazioni che l’Assessorato alla Salute e l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari possono svolgere si devono basare su valutazioni tecniche e sulla complementare programmazione provinciale.
Questo perché nel corso del tempo, come in tutti gli ambiti della vita umana, anche i bisogni di salute e le risposte sanitarie evolvono in base alle conoscenze clinico scientifiche e in base a nuove forme e metodologie organizzative e operative disponibili.
La programmazione della PAT si muove in questo senso su due fronti principali:
- Il primo è costituito delle strutture ospedaliere, con la costruzione e il consolidamento di una rete ospedaliera strutturata.
Il principio è dato dal riconoscimento di come, al fine di garantire la massima qualità alle cosiddette prestazioni complesse, sia necessario che vengano concentrate in strutture capaci di garantire l’opportuna casistica.
Questo è un principio cardine della sanità che se non viene compreso rende impercorribile ogni forma di approfondimento successivo. Al contempo lavorare sulla rete ospedaliera, significa anche riconoscere la fondamentale funzione degli ospedali di valle che da un lato devono disporre di funzioni, anche complesse, che possono essere gestite in loco a fronte di una casistica sufficiente (l’esempio principe in questo senso è l’eccellente reparto di ortopedia di Cavalese), dall’altro devono garantire tutti quei servizi di prossimità che possono evitare spostamenti comunque disagevoli ai cittadini. Sul sito Trentinosalute.net si possono trovare tutti gli approfondimenti sulle funzioni svolte, che forse sono ancora non del tutto note.
- Il secondo fronte su cui sempre di più si dovrà investire è rappresentato dalla cosiddetta medicina di territorio. In questa prospettiva sono numerose le riforme avviate negli ultimi anni che dovranno essere implementate e messe a regime nel prossimo futuro. Esse dovranno garantire risposte alla vera emergenza sociale in atto: l’aumento delle cronicità collegato all’aumento dell’invecchiamento della popolazione.
In questo senso vanno letti i passaggi dell’individuazione, all’interno della riorganizzazione dell’APSS, della figura del Coordinatore dell’Integrazione Ospedale e Territorio, al fine di migliorare la continuità del percorso assistenziale delle persone; il protocollo firmato con l’IPASVI sull’implementazione degli infermieri di comunità per valorizzare sempre di più sul territorio figure professionali non mediche che hanno raggiunto un alto livello di competenza; la riforma del welfare anziani e lo spazio argento che ha trasferito sui territori la competenza per svolgere politiche per gli anziani a 360°; il piano demenze; la rete delle cure palliative; la rete oncologica e via via tutti quei servizi che garantiscono i 9 milioni di prestazioni sanitarie che ogni anno vengono erogate dal nostro SSP (tra i quali i trasporti “protetti” di emergenza che sono già garantiti nell’ambito dei protocolli sull’emergenza/urgenza e dei trasporti sanitari sia nel territorio provinciale che extra-provinciale).
Il tutto con il supporto delle nuove tecnologie (Già oggi 86.000 trentini, soprattutto anziani, accedono alla propria cartella clinica attraverso la piattaforma Trec (ora anche con App sul cellulare), la dematerializzazione delle ricette ha reso molto più semplici i servizi), che consentiranno di rivoluzionare l’assistenza domiciliare ed anche i rapporti tra territori.
Questa premessa è doverosa e necessaria per inquadrare, all’interno di una visione complessa, le questioni puntuali che sono spesso oggetto del confronto con gli amministratori locali. Dobbiamo infatti essere consapevoli che la capacità di ogni territorio di dare risposte alle esigenze dei cittadini dipende dal suo essere parte di un unico sistema provinciale.
Veniamo quindi ad alcuni punti specifici.
Aspetti di edilizia sanitaria:
Nel territorio delle Valle di Fiemme dobbiamo sempre tenere presente l’investimento strategico e importante dal punto di vista finanziario, che è stato fatto per il nuovo ospedale di Cavalese: 30 milioni di euro già stanziati dalla Giunta Provinciale e concorso di idee di progettazione concluso con affidamento della progettazione definitiva avvenuto.
Un investimento così rilevante è la prima prova evidente della volontà di riconoscere e rilanciare il ruolo dell’ospedale di Cavalese.
È necessario partire da qui perché, per quanto non ancora fisicamente presente, il nuovo ospedale impone di ripensare e rivalutare i servizi presenti o prospettati in Valle di modo che siano coordinati e funzionali con esso.
È il caso della Casa della Salute di Predazzo che è prevista all’interno del Piano per l’edilizia sanitaria per la XV legislatura (con relativa previsione di finanziamento per l’importo di 2,3 m.ni di euro); al momento la valutazione sul progetto preliminare risulta sospesa in considerazione del fatto che il nuovo ospedale di Cavalese prevede spazi adeguati per dare copertura anche a numerosi servizi territoriali, che andranno coordinati con il sistema dei servizi di tutta la valle.
Per quanto riguarda l’attuale struttura ospedaliera è importante precisare che da parte dell’Assessorato alla salute è già stato richiesto al Dipartimento Affari Finanziari il prelievo dal fondo di riserva per il finanziamento dei lavori da eseguirsi presso l’Ospedale. In essi rientrano anche i lavori di adeguamento del pronto soccorso. Come peraltro già comunicato dall’Azienda al Presidente Zanon, per tale intervento risultano necessari 2 mesi circa per il progetto e 3 mesi circa per la gara d’appalto. L’intervento verrà poi realizzato in circa 5 mesi (lavori e collaudi). Questi i tempi tecnici necessari, che non dipendono da volontà politica, come ben possono comprendere amministratori che per ruolo conoscono le regole dei lavori pubblici.
Altro tema inerente all’Ospedale di Cavalese è quello legato alla Risonanza Magnetica: anche in questo caso voglio sottolineare che con deliberazione della Giunta provinciale n. 2343 del 28 dicembre 2017 relativa all’aggiornamento del Piano degli interventi di edilizia sanitaria, sono già state programmate ed assegnate all’Azienda provinciale per i servizi sanitari le risorse pari ad 1 milione di euro per la sostituzione della risonanza magnetica e per gli interventi edilizi necessari. L’APSS, dopo aver concordato con il direttore del reparto le caratteristiche dalla macchina, sta procedendo con l’iter necessario all’acquisto, secondo le norme di legge.
La questione del Punto Nascita:
A questo proposito è necessario ripercorrere brevemente l’iter fino a qui seguito.
Comunità scientifica internazionale e Ministero della Salute concordano nel ritenere che i Punti Nascita con ampia possibilità di casistica (almeno 1.000 parti all’anno) siano da considerare più sicuri, per il nascituro e per le partorienti, di quelli con dimensioni e casistica contenute.
Un ospedale capace di gestire un’alta casistica è in grado di rispondere alle problematiche connesse all’urgenza e all’alta specializzazione. Questo è un fatto assodato su cui non c’è discussione.
Tutto ciò premesso la P.A.T. si è fatta promotrice di una richiesta al Ministero della Salute affinché, nel valutare e determinare gli standard di sicurezza dei Punti Nascita territoriali, venissero prese in considerazione anche le condizioni orografiche dei territori che afferiscono alla struttura ospedaliera.
Il Ministero ha recepito quest’osservazione, tant’è che con il decreto ministeriale del 11 novembre 2015 ha aperto alla possibilità di concedere una deroga alla chiusura dei PN con meno di 500 parti l’anno qualora ci fossero determinate situazioni orografiche di svantaggio e al contempo venissero comunque garantite le condizioni di sicurezza per il nascituro e per le partorienti.
Prima di proseguire con la descrizione di quanto è stato fatto sul PN di Cavalese dobbiamo però essere molto chiari sul seguente punto: la politica ha il dovere di affidarsi alle valutazioni scientifiche e sarebbe profondamente scorretto se volesse forzare in qualunque modo tali valutazioni.
Poiché è chiaro che i Punti Nascita con un numero elevato di parti/anno sono maggiormente tutelanti per donne e nascituri, questo dato vale anche per il Trentino, dove da parecchi anni gli esiti generalmente positivi della rete dei Punti Nascita, derivano anche dall’accentramento di tutte le gravidanze non fisiologiche.
Ribadire questo concetto è necessario per chiarire che il dibattito attorno alla riattivazione del Punto Nascita di Cavalese non verte attorno ad un aumento della sicurezza per le donne e per i nascituri, dato che attualmente non c’è un’esigenza di tipo sanitario in tal senso. Chiunque usi strumentalmente questo tema per ingenerare l’idea che ci sia un deficit di sicurezza con il Punto Nascita sospeso lo fa in contrasto con tutte le indicazioni scientifiche e perseguendo altri fini.
Ed è forse opportuno ricordare che i parti cosiddetti precipitosi non riguardano la questione dei punti nascita; da molti anni sono circa 10-15 all’anno, e seguono proporzionalmente la demografia del territorio: la maggior parte è a Trento, poi le altre aree urbane (anche se l’amplificazione mediatica avviene soltanto per quelli che avvengono dove c’è una discussione riguardante i punti nascita). Ciò perché sono quei parti che avvengono in pochi minuti, e prescindono dalla collocazione dei punti nascita.
Alla luce di queste considerazioni nel mondo sanitario è preponderante l’idea che si dovrebbero semplicemente chiudere automaticamente tutti i punti nascita piccoli. Ma tale posizione non tiene conto che è lo stesso mondo medico a prevedere la possibilità di deroga, e quindi, all’interno di questo “corridoio” tecnico la politica deve svolgere le sue valutazioni.
Infatti la politica, nel rispetto delle indicazioni tecniche, ha il dovere di tenere in considerazione le richieste e le esigenze dei cittadini. In questa prospettiva in Val di Fiemme (come in altri territori) i cittadini, attraverso i loro amministratori, hanno segnalato con forza l’esigenza di tornare a disporre di un Punto Nascite attivo per garantire così maggiore serenità alle future mamme.
Da qui la decisione politica di richiedere la deroga con il fine di attivare il comitato tecnico preposto (CPNn) a stabilire la presenza o meno dei presupposti necessari al suo ottenimento.
Questo è quindi la posizione della Provincia: muoversi per mantenere una rete di punti nascita sul territorio, non però limitandosi a proclami che potessero far credere al cittadino che la politica possa decidere a prescindere dalle valutazioni tecniche sulle condizioni di sicurezza.
In data 02/02/2016 la P.A.T. ha quindi presentato domanda di deroga per tutti e 4 i punti nascita sotto soglia (Arco, Cavalese, Cles e Tione). Nei mesi successivi la richiesta è stata più volte integrata sulla base di specifiche richieste del Comitato Percorso Nascita nazionale l’organismo tecnico deputato alla valutazione delle domande di deroga.
In data 22/06/2016 il Ministero, fatte proprie le valutazioni del CPNn, ha comunicato alla P.A.T. il responso positivo per i PN di Cavalese e Cles e quello negativo per Arco e Tione (nel frattempo già chiuso), sui quali non possiamo che rispettare la valutazione del comitato tecnico nazionale.
La concessione della deroga veniva comunque subordinata al rispetto dei requisiti inerenti al personale come per tutti i Punti Nascita operanti in Italia. Tra gli altri la presenza in guardia attiva (H24) dell’anestesista, del ginecologo, del pediatra e dell’ostetrica. Condizione apparsa fin da subito come complicati da soddisfare.
Una deroga quindi non “sine die”, ma concessa a determinate condizioni e che consentiva la possibilità, e non l’obbligo (come qualcuno sostiene erroneamente), di mantenere in attività il Punto nascita.
In data 14/02/2017 è stata inviata al Ministero una comunicazione inerente allo stato dell’arte dei Punti Nascita di Cavalese e Cles, in risposta alla quale il CPNn ha poi elaborato il parere sospensivo della deroga per il Punto nascita di Cavalese (per la mancanza di personale) e confermato l’operatività di quello di Cles.
A fronte di quanto contenuto nel secondo parere la P.A.T. si è mossa seguendo due direttrici.
La prima è stata la ricerca e il reperimento delle figure professionali necessarie.
L’APSS ha dato la più ampia visibilità possibile a tali concorsi (che va ricordato sono la modalità principale per poter assicurare risorse professionali qualificate e stabili nel tempo), che sono stati decine e con tutte le modalità possibili, oltre ad attivare bandi per la mobilità interrogionale.
Nonostante questo le difficoltà nel reperire il personale necessario sono perdurate.
Ciò accade perché in tutte le aziende sanitarie italiane in questo momento c’è una forte richiesta di pediatri, anestesisti e ginecologi, la domanda è elevata, l’offerta scarsa. I singoli medici sono quindi nelle condizioni di ricercare le opportunità maggiormente confacenti alle loro esigenze professionali e personali; è infatti chiaro che è solitamente più appetibile un centro nascite con alta casistica, con prospettive di crescita professionali importanti, rispetto ad uno con poche nascite.
La seconda direttrice su cui P.A.T. e APSS si sono mosse è stata quella di intervenire a monte, chiedendo cioè allo Stato – per le zone valutate disagiate dal punto di vista orografico – una declinazione diversa degli standard di sicurezza legati al personale.
Questa linea è stata perseguita fin da subito. Già nella domanda di deroga, infatti, erano contenute delle ipotesi operative in cui l’assistenza pediatrica poteva essere garantita attraverso il modello di pronta disponibilità con rientro in servizio attivo in caso di travaglio (non quindi con presenza h24). Ciò avrebbe consentito di ridurre il numero di pediatri necessari da 6 a 4.
Inoltre è stato attivato un gruppo di lavoro, al quale sono state invitate le altre regioni interessate al tema, per formulare delle proposte tecniche; al momento non ci sono pervenute però proposte da alcuna delle altre regioni coinvolte.
Tuttavia è bene ricordare che un grosso risultato in tal senso è stato ottenuto recentemente, poichè il CPNn ha riconosciuto alla PAT la possibilità di mantenere l’attività del punto nascita appoggiandosi anche a personale non dipendente (i cosiddetti gettonisti), in attesa di riuscire ad assumere tutto il personale necessario. Si tratta di una novità di fondamentale importanza e per nulla scontata. In nessun altro caso precedentemente era stata riconosciuta tale possibilità.
A fronte infatti di un’ulteriore richiesta della PAT al CPNn di poter procedere con la ripresa dell’attività del PN di Cavalese, il Comitato si è espresso da un lato riconoscendo -per la prima volta in Italia- la già citata possibilità di usufruire dei cosiddetti medici gettonisti, dall’altro interpretando però l’eventuale ripresa dell’attività del PN non tanto come il termine di un periodo di sospensione, quanto come una nuova apertura del Punto Nascita e subordinando quindi la cosa alla contestuale operatività degli adeguamenti strutturali ritenuti necessari.
Da precisare che la necessità di adeguare gli spazi era naturalmente nota a tutti, essendo prevista nei documenti di deroga, e tale obbligo era soddisfatto nella progettazione del nuovo ospedale (così come Cles è in attività mentre si sta operando per adeguare la struttura); sarebbe stato del tutto illogico prevedere dei lavori complessi e onerosi non necessari nella struttura esistente, in prossimità di avere il nuovo ospedale.
La Provincia ha contestato l’interpretazione del comitato nazionale, che per la prima volta in Italia si è dovuto esprimere sulla richiesta di riapertura di un punto nascita sospeso, ed ha invitato ad un sopralluogo il comitato stesso.
Infatti la realizzazione di una seconda sala parto e di una nuova sala operatoria presso l’attuale ospedale di Cavalese comporterebbe degli interventi strutturalmente complessi ed importanti, con il conseguente tempo necessario alla realizzazione.
A tal riguardo l’APSS, su mandato dell’Assessorato provinciale alla Salute, ha scandagliato tutte le soluzioni tecniche possibili per poter recepire le indicazioni del CPNn adeguando le strutture esistenti, in alternativa alla costruzione ex-novo delle sale richieste.
La visita del dottor Jorizzo, Presidente del Comitato Percorso Nascita nazionale, all’ospedale di Cavalese, del 4 aprile scorso, si inserisce in questa prospettiva. A lui i vertici dell’APSS hanno infatti presentato alcune delle ipotesi di lavoro, in questo senso individuate.
A seguito del sopralluogo è stato concordato che APSS elaborerà formalmente le proposte attualmente in fase di studio, in modo che il CPNn possa esprimersi in merito avvallandole.
P.A.T. e APSS in definitiva, stanno lavorando attivamente per garantire gli standard di sicurezza indispensabili ad ottenere l’approvazione del CPNn e così poter riaprire il Punto Nascita di Cavalese già nei prossimi mesi. Ma deve essere chiaro che il dovere imprescindibile di garantire la sicurezza di donne e nascituro, oltre che la normativa vigente, non consentono di fare promesse politiche campate in aria.
La Provincia ed APSS erano state cristalline nello spiegare il piano di assunzioni che ci avrebbe portato a coprire, anche con gettonisti, il personale necessario per l’attivazione del punto nascita entro metà aprile condizionandolo al parere del comitato nazionale, e così è accaduto e si stanno completando le assunzioni, con mandato all’APSS già dato di procedere alle procedure di formazione, comprese le ostetriche.
Allo stesso modo vogliamo essere chiari nel rassicurare che l’APSS sta già predisponendo delle proposte che recuperando degli spazi esistenti possano soddisfare temporaneamente i requisiti strutturali richiesti, in modo da poter riprendere l’attività in tempi brevi, pochi mesi. Proposte non “buttate lì” alla buona come qualcuno ha provato a fare, ma concrete e percorribili. Al contempo è doveroso ricordare che occorrerà comunque l’avvallo del comitato nazionale percorso nascita prima di riaprire.
In conclusione desidero ringraziare i tanti amministratori che in questi mesi, senza indulgere a facili strumentalizzazioni, hanno sostenuto il faticoso e costante lavoro che la Provincia ha messo in campo per trovare quelle soluzioni concrete le quali, nel rispetto delle normative vigenti, rispondano ai reali interessi ed esigenze dei cittadini trentini.
Una società funziona se funziona la collaborazione tra i diversi livelli, e chi rappresenta le comunità locali si pone non in ottica meramente rivendicativa, ma al contrario propositiva, comprendendo i complessi iter tecnici e consapevole di essere parte di un sistema interconnesso.
Rimanendo come sempre a disposizione per ulteriori approfondimenti, porgo cordiali saluti.