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Il consiglio straordinario chiesto per discutere dell’emergenza sanitaria legata all’epidemia Covid-19, ha discusso di una proposta di risoluzione a prima firma del sottoscritto, condivisa da quasi tutta l’opposizione. Dopo un confronto franco, è stata condivisa anche dalla maggioranza, con qualche modifica non sostanziale. Di seguito il testo.

Proposta di risoluzione

Una società in salute

L’emergenza legata alla pandemia covid-19 ha favorito un forte dibattito intorno alla sanità ed alla sua programmazione. Sarebbe sicuramente scorretto sovrapporre i piani della pianificazione sanitaria con quello della gestione di un’emergenza pandemica, tuttavia il contesto di crisi può favorire riflessioni che portino ad una condivisione ampia intorno ad alcune linee di programmazione.

I cambiamenti demografici e sociali, la presenza di nuovi e più ampi bisogni, la crescita delle fragilità all’interno delle famiglie, i nuovi modelli organizzativi, le continue scoperte scientifiche, le innovazioni tecnologiche in ambito medico ed assistenziale, sono soltanto alcuni dei punti di un lungo elenco che rappresenta l’evoluzione della nostra società e la necessità di adeguare il modello sanitario.

La bontà di un modello organizzativo non deriva da una valutazione astratta, ma dalla capacità di garantire il raggiungimento degli obiettivi posti nel miglior modo possibile in un dato contesto.

Ciò vale anche per l’assistenza sanitaria, che si sviluppa in una società attraversata da grandi cambiamenti demografici, sociologici e tecnologici, i quali producono rapide evoluzioni nei bisogni di salute della popolazione, e di conseguenza nelle risposte tecnico-procedurali che possono essere messe in campo.

In sanità, più che altrove, rimanere fermi equivale ad arretrare.

L’innovazione è quindi condizione necessaria per assicurare la costanza nella qualità e nell’appropriatezza dei servizi.

Per questo nella rete ospedaliera si è superata l’idea di tanti ospedali generalisti sparsi per il Trentino (dove si rischiava di fare tutto ma con una qualità non elevata) e si è concentrata la complessità nelle strutture maggiori (perché in sanità casistica numerosa equivale a qualità), mentre la gestione del post acuto e della cronicità deve essere gestita nelle strutture territoriali più piccole e vicine al domicilio dei pazienti.

Si sono introdotte le cure intermedie quale spazio di presa in carico che si pone tra la dimissione ospedaliera e il rientro del paziente in una condizione di domiciliarità. Si è programmata la strutturazione di aggregazioni dei medici di medicina generale e si è puntato a valorizzare le professioni sanitarie come quella infermieristica. Anche le recentissime indicazioni nazionali puntano soprattutto al rafforzamento della medicina di territorio e della valorizzazione della figura dell’”infermiere di territorio”.

Sono solo alcuni esempi delle direttrici che devono guidare i sistemi sanitari, soprattutto in un terriorio di montagna come quello trentino, e rappresentano l’obiettivo generale che la Provincia ha perseguito nel corso degli ultimi anni nella sua programmazione: garantire continuità nella presa in carico del paziente dentro e fuori l’ospedale e favorire ove possibile percorsi di cura preventivi, territoriali e integrati.

La riorganizzazione dell’Azienda sanitaria prevista dalla legislazione provinciale parte da tale premessa, dalla consapevolezza degli effetti dei trend demografici sui bisogni di salute della popolazione; dal riconoscere l’ importante azione infrastrutturale che ha interessato il Trentino negli ultimi decenni e le possibilità di mobilità che questa ha generato; dalla necessità di offrire ai trentini pari opportunità di fruizione dei servizi sanitari e omogeneità di trattamento a prescindere dal loro punto di accesso alla rete provinciale.

L’impostazione a rete consente di coniugare sicurezza e efficacia delle cure con specializzazione e sostenibilità nel medio-lungo periodo.

Al contempo impone di passare da un modello organizzativo frammentato, in cui l’individuo è «letto» quale paziente di una data struttura (ospedaliera o territoriale che sia), ad uno integrato, in cui la persona viene vista come portatrice di una complessità di esigenze di cura.

Autorevoli soggetti certificatori riconoscono la qualità dei servizi erogati nella nostra provincia. Ma se vogliamo affrontare con successo le sfide che avremo davanti alcune modifiche all’assetto attuale si rendono necessarie. Non possiamo più permetterci organizzazioni focalizzate sul «contenitore», siano essi ospedali piuttosto che distretti. Occorre invece concentrare la nostra azione sui «processi» e i «contenuti» della nostra assistenza. I luoghi fisici dove vengono erogate le prestazioni restano basilari, ma vanno ripensati in una logica di trasversalità, equità ed accessibilità alla nostra rete dei servizi.

Proprio i fattori positivi della nostra sanità ci consentono di andare in questa direzione, di affrontare le sfide della cronicità e del come mantenere attivi i presidi ospedalieri di valle.

Senza l’opportunità di essere inseriti in una rete aziendale molto solida, infatti, difficilmente oggi professionisti specializzati possono trovare interesse a collocarsi in strutture periferiche. Al contempo se dovessero venire meno i presidi ospedalieri di valle collasserebbe anche l’ospedale centrale.

Per riuscirci, dovranno essere modificati alcuni assetti e rapporti tra professionisti abituati a governare da soli un pezzetto del sistema, per lavorare invece con un’ottica integrata. Ma non porsi oggi di fronte a tali scenari e prepararsi a gestire le future emergenze sarebbe miope e irresponsabile.

È comprensibile che qualcuno difenda modalità gestionali consolidate in anni passati con un diverso contesto demografico, professionale, tecnologico, scientifico, ma oggi occorre una visione globale che si innesta sull’analisi dell’evoluzione dei bisogni, per garantire i migliori servizi ai cittadini. Tale necessità si è manifestata in tutta la sua evidenza nel corso dell’emergenza covid-19.

In questo contesto sono essenziali la forte sinergia tra la parte politica istituzionale e la parte tecnico sanitaria, e le valutazioni che l’Assessorato alla Salute e l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari svolgono si devono basare su valutazioni tecniche e sulla complementare programmazione provinciale.

Questo perché nel corso del tempo, come in tutti gli ambiti della vita umana, anche i bisogni di salute e le risposte sanitarie evolvono in base alle conoscenze clinico scientifiche e in base a nuove forme e metodologie organizzative e operative disponibili.

La programmazione della PAT si deve muove in questo senso su due fronti principali:

Il primo è costituito delle strutture ospedaliere, con la costruzione e il consolidamento di una rete ospedaliera strutturata.

Il principio è dato dal riconoscimento di come, al fine di garantire la massima qualità alle cosiddette prestazioni complesse, sia necessario che vengano concentrate in strutture capaci di garantire l’opportuna casistica.

Questo è un principio cardine della sanità che se non viene compreso rende impercorribile ogni forma di approfondimento successivo. Al contempo lavorare sulla rete ospedaliera, significa anche riconoscere la fondamentale funzione degli ospedali di valle che da un lato devono disporre di funzioni, anche complesse, che possono essere gestite in loco a fronte di una casistica sufficiente, dall’altro devono garantire tutti quei servizi di prossimità che possono evitare spostamenti comunque disagevoli ai cittadini.

Il secondo fronte su cui sempre di più si dovrà investire è rappresentato dalla cosiddetta medicina di territorio. In questa prospettiva sono numerose le riforme avviate negli ultimi anni che dovranno essere implementate e messe a regime nel prossimo futuro. Esse dovranno garantire risposte alla vera emergenza sociale in atto: l’aumento delle cronicità collegato all’aumento dell’invecchiamento della popolazione.

In questo senso vanno letti i passaggi dell’individuazione, all’interno della riorganizzazione dell’APSS, della figura del Coordinatore dell’Integrazione Ospedale e Territorio, al fine di migliorare la continuità del percorso assistenziale delle persone; il protocollo firmato con l’IPASVI sull’implementazione degli infermieri di comunità per valorizzare sempre di più sul territorio figure professionali non mediche che hanno raggiunto un alto livello di competenza; la riforma del welfare anziani e lo spazio argento che ha trasferito sui territori la competenza per svolgere politiche per gli anziani a 360°; il piano demenze; la rete delle cure palliative; la rete oncologica e via via tutti quei servizi che garantiscono i 9 milioni di prestazioni sanitarie che ogni anno vengono erogate dal nostro SSP (tra i quali i trasporti “protetti” di emergenza che sono già garantiti nell’ambito dei protocolli sull’emergenza/urgenza e dei trasporti sanitari sia nel territorio provinciale che extra-provinciale).

Il tutto con il supporto delle nuove tecnologie (già oggi migliaia di trentini, soprattutto anziani, accedono alla propria cartella clinica attraverso la piattaforma Trec (anche con App sul cellulare), la dematerializzazione delle ricette ha reso molto più semplici i servizi), che consentiranno di rivoluzionare l’assistenza domiciliare ed anche i rapporti tra territori.

Questa premessa è doverosa e necessaria per inquadrare, all’interno di una visione complessa, le questioni puntuali che sono spesso oggetto del confronto con gli amministratori locali. Dobbiamo infatti essere consapevoli che la capacità di ogni territorio di dare risposte alle esigenze dei cittadini dipende dal suo essere parte di un unico sistema provinciale.

Un focus particolare merita il tema dell’invecchiamento della popolazione.

Si stima che in Trentino circa 20.000 persone over 65 siano in condizione di non autosufficienza e che all’incirca la metà di questi si trovino in condizione di solitudine o in carico alle famiglie, fuori quindi dal circuito pubblico di assistenza.

Esiste quindi la necessità di far evolvere l’attuale sistema dei servizi rendendo più accessibile e capace di produrre interventi sempre più flessibili e personalizzati.

La legge 17 del 2017, con l’obiettivo di porre al centro la persona e la sua rete familiare, offre loro un interlocutore unico in grado – sulla base di un budget non più diviso tra aspetti sociali e sanitari – di attivare e personalizzare le migliori risorse secondo le esigenze personali e le specifiche situazioni.

Per attuare quella riforma è necessario migliorare la capacità di visione d’insieme, in modo da consentire una programmazione delle politiche e dei servizi capaci di operare in maniera equa e più efficace, rendendo flessibile l’uso delle risorse per sviluppare i servizi in base alle esigenze delle persone. In questa prospettiva il territorio assume un ruolo centrale, quale luogo deputato a leggere e interpretare i bisogni delle comunità che rappresenta. La giunta provinciale negli scorsi mesi, nell’attuazione della legge, ha avviato una fase di sperimentazione in tre comunità di valle, ma ha prorogato recentemente le tempistiche previste per la sperimentazione stessa, con il rischio di un allungamento ulteriore dei tempi.

Tutto ciò premesso, il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento impegna la Giunta provinciale:

  1. A riconoscere che il sistema sanitario non è un mero ambito di erogazione di servizi e fonte di spesa, bensì un sistema complesso, in relazione con molti ambiti (economia, turismo, sport, formazione, benessere, cultura..) e quindi un’opportunità da sviluppare;

  2. a disciplinare la sanità trentina secondo una programmazione che si basi su valutazioni di sistema, continuando a considerare le indicazioni cliniche di coloro che la sanità la conoscono e la vivono, tra i quali gli operatori sanitari;

  3. a continuare nelle attività già intraprese del rafforzamento della rete ospedaliera, del riconoscimento degli indicatori del piano nazionale e degli strumenti di comparazione consolidati e del rafforzamento della medicina e dell’assistenza di territorio, in particolare attraverso le aggregazioni di medici di medicina generale, la diffusione delle cure intermedie, la valorizzazione delle professioni infermieristiche, l’adozione di sistemi innovativi di assistenza forniti dalle innovazioni tecnologiche;

  4. a ristabilire prima possibile i consueti volumi di attività ambulatoriale ed operatoria, riconoscendo in particolare la necessità della piena funzionalità dell’ospedale Santa Chiara per la gestione delle urgenze e della maggiori complessità;

  5. implementare gli strumenti di prevenzione. In particolare:

- sostenendo l’attività fisica a tutte le età, sia come stile di vita individuale sia come momento di socializzazione;

- continuando, nell’attuazione della riforma del welfare anziani, il sostegno e la diffusione di co-housing e servizi domiciliari;

- proseguendo la politica capillare rispetto alle vaccinazioni, secondo le indicazioni mediche;

- sostenendo i percorsi di inclusione sociale e di prevenzione delle dipendenze;

  1. riconoscere il ruolo delle associazioni di volontariato in ambito sanitario come centrale nella rete dell’emergenza urgenza, e tutelarne la funzione;