RETE_RIABILITATIVA_Pagina_2_imagefullwideVi propongo la mia riflessione, apparsa oggi su l’Adige, in merito alla Riabilitazione in Trentino ed al rapporto tra  sanità pubblica e privata.

 

Il dibattito che si è sviluppato negli ultimi giorni sull’Adige in seguito alle richieste di alcuni esponenti politici della zona di Arco di aumentare gli stanziamenti di risorse pubbliche alla struttura privata Eremo, rischia di lasciare in secondo piano la questione centrale: quali sono le modalità organizzative più adatte a fornire i migliori servizi ai cittadini che necessitano di cure riabilitative?
Porsi questa domanda consente di recuperare la necessaria visione d’insieme e di uscire dalla contrapposizione tra strutture e territori.
La Giunta Provinciale ha previsto, con delibera 1117 di luglio, l’istituzione della Rete della Riabilitazione, che comprende strutture pubbliche (Villa Rosa e Rovereto), strutture private accreditate (come le case di cura arcensi), le case di riposo e le nuove strutture sanitarie intermedie, che si inseriscono cioè tra la fase di dimissione ospedaliera e quella di rientro presso il domicilio.
Con questa visione è stato confermato il mandato all’Ospedale Villa Rosa quale polo di riferimento provinciale per la riabilitazione. Sorprende constatare che qualcuno possa leggere in questo un attacco ad una casa di cura privata: chi dovrebbe avere la regia del sistema, uno dei fornitori privati del sistema stesso? Saremmo al paradosso. È chiaro che soltanto la Provincia e l’Azienda sanitaria con le sue articolazioni possono governare un sistema a cui partecipano più fornitori privati, che legittimamente mirano ad ottenere sempre maggiori risorse.
“Villa Rosa, pubblica, costa di più rispetto ad Eremo, privata” è quindi il mantra che ripetono strumentalmente i portavoce della seconda.
Se però andiamo a vedere il mandato di Villa Rosa, scopriamo che deve occuparsi degli interventi ad alta complessità e garantire la riabilitazione intensiva ad alta specializzazione per mielolesioni e gravi cerebrolesioni, oltre alla riabilitazione intensiva cardiologica, motoria e neuromotoria. Complessità che comportano particolari dotazioni sia in termini strutturali/tecnologici che in termini di personale, al quale va un plauso per la elevata professionalità, che non deve rischiare di essere messa in dubbio da questa sterile contrapposizione territoriale.
Ecco il motivo per cui l’attività prevalente di Villa Rosa non può essere messa a confronto, né in termini di complessità né in termini di costi, con l’attività svolta dalla strutture riabilitative private convenzionate, che svolgono esclusivamente attività riabilitativa destinata a pazienti meno complessi.
Sui costi incidono anche gli standard riabilitativi previsti. Ovvero: che tipo di trattamento devo svolgere, quanti minuti di fisioterapia e così via. Fino ad oggi non erano stabiliti in modo preciso, e per questo la delibera di luglio ha introdotto standard riabilitativi comuni per il pubblico e per il privato convenzionato. Ciò comporta per chi adottava standard più “elastici” la necessità di aumentare la qualità del servizio con inevitabile erosione degli elevati margini economici, ma la priorità dell’amministrazione pubblica dev’essere necessariamente quella di garantire prima di tutto la qualità del servizio a tutti i cittadini e un’idonea appropriatezza delle cure.
Rivendicare con fermezza la necessità di un saldo controllo pubblico del sistema, non è in contraddizione con il riconoscere il ruolo essenziale di affiancamento e sussidiarietà delle strutture sanitarie private accreditate del settore riabilitativo.
Basti pensare che in ambito riabilitativo le giornate convenzionate con strutture private sono 55.000 (29.000 con la sola Casa di Cura Eremo), mentre sono circa 22.000 quelle erogate presso le strutture pubbliche (di cui 16.000 a Villa Rosa).
In questa prospettiva dev’essere chiaro che il budget delle case di cura private per il prossimo triennio è stato confermato e non certo tagliato come qualcuno ha sostenuto.
Non solo, le realtà private sono state ulteriormente responsabilizzate attraverso l’obiettivo del recupero di pazienti trentini che svolgono riabilitazione ospedaliera fuori provincia, per questo sono stati assegnati alle private di Arco ulteriori 1,5 milioni l’anno. Certo, qui entra in gioco la capacità imprenditoriale e l’attrattività delle singole strutture, ma l’obiettivo posto ha già consentito un incremento di attività per Villa Regina e per San Pancrazio, entrambe strutture con sede ad Arco.
Ci chiediamo perché alcuni esponenti politici non svolgano almeno una valutazione complessiva dell’indotto sul loro territorio, che ha visto un sicuro aumento di attività, e concentrino l’attenzione solo sulle rivendicazioni di una singola struttura.
Questo dibattito ci consente anche una riflessione politica più ampia sul ruolo della politica a tutti i livelli. Stiamo attraversando un’epoca di profondi cambiamenti e tutta la comunità trentina è chiamata ad interrogarsi sul percorso da intraprendere; solo se sapremo ragionare come “sistema trentino” potremo rilanciarci nei diversi settori.
Ma l’interesse della comunità di riferimento è davvero realizzato dall’esponente politico (soprattutto se consigliere provinciale o parlamentare della Repubblica) che si fa portavoce delle istanze di una singola struttura privata, esercitando pressioni che potrebbero rischiare anche di superare il confine del lecito, in un settore molto delicato nel quale la programmazione deve basarsi sulla valutazione dei bisogni?
Sono convinto che oggi difendere pregiudizialmente un stato delle cose, non cogliendo prospettive più ampie e limitandosi solo a piccoli interessi singoli o di parte, non rappresenti per il Trentino nel suo complesso una rassicurazione sul futuro.
Nessuna decisione deliberativa viene presa con leggerezza e prima di introdurre cambiamenti, la Giunta e l’Assessorato che rappresento svolgono approfondimenti rigorosi, tenendo conto di tutti gli interessi legittimi, che sono tali in quanto coerenti e compatibili con la miglior tutela tutela della collettività, la rigorosa amministrazione delle risorse pubbliche e con la garanzia di una visione concreta sul futuro.
Le profonde revisioni oggi in corso all’interno del processo riabilitativo e le diffuse politiche di contenimento della mobilità passiva messe in atto dalle Regioni, richiedono infatti anche ai soggetti privati che operano sul piano sanitario locale di esercitare le proprie capacità imprenditoriali, per offrire servizi in linea non solo con le necessità attuali, ma anche in grado di tenere conto di quelle che saranno le prospettive future di un contesto in costante evoluzione