di Domenico Sartori

l’Adige 27/7/2015

Luca Zeni «a tutto campo»: nella prima intervista da assessore alla Salute illustra il suo programma sul futuro dei punti nascita, sul Not e sulla gestione dell’emergenza profughi. Per quanto riguarda la conferma dei reparti di maternità a Tione e a Cavalese, Zeni spiega: «La priorità è garantire la sicurezza al nascituro e alla madre. Vedremo con il ministero se ci saranno deroghe». L’assessore risponde anche a chi, nel Pd, lo ha criticato per aver accettato l’incarico: «Il vertice del partito era d’accordo con me».

Mercoledì sera, dopo un’estenuante seduta del Consiglio provinciale – tra i conciliaboli per trovare una via d’uscita prima della mozione di sfiducia a Donata Borgonovo Re e la raffica di emendamenti alla riforma urbanistica – Luca Zeni ha lasciato l’aula, s’è fiondato a Brusago e ha indossato canotta e scarpette da runner, per «mangiarsi» di corsa gli 800 metri di dislivello della Tonini Vertical Race, tra la fontana del paese e il rifugio. «Sono un vecchio corridore» dice «prima andavo in bicicletta. Ora, che ho meno tempo, corro, di solito al mattino tra le 6 e le 7. Ho fatto più volte anche la Dolomiti Sky Race, ben più impegnativa…».

Assessore Zeni, guidare la sanità trentina, poco meno di un terzo del bilancio della Provincia, mette i brividi. È più impegnativo di qualsiasi Sky Race…
«Ne sono consapevole. È sicuramente uno dei settori più delicati dell’intera amministrazione provinciale, non solo per una questione di volumi finanziari, ma perché tocca aspetti molto delicati della vita delle persone, le aspettative sono elevate e la macchina è complessa, sia quella della salute che quella del sociale. Per questo il Pd ad inizio legislatura ne ha chiesto la delega al presidente, pur conoscendo i rischi: non è un assessorato che porta consenso! Ma è una responsabilità da gestire, proprio per entrare dentro le cose più difficili».

In ballo c’è la riorganizzazione della rete ospedaliera, con il nodo dei punti nascita. Riorganizzazione bocciata in giunta dai due assessori dell’Upt lo scorso dicembre. Cambierà qualcosa?
«Io entro a macchina in corsa, non ad inizio legislatura. Dedicherò il mese di agosto, chiuso in Provincia, ad approfondire tutti gli aspetti. Sono già in programma incontri con presidente, struttura, Azienda. L’agenda è piena: dalla rete ospedaliera ai profughi…».

Partiamo da punti nascita, allora.
«Il punto fermo è che noi abbiamo il dovere di garantire sicurezza al nascituro e alla madre. La parte tecnica deve dirci quali sono gli standard ed i livelli di sicurezza. Ma dobbiamo essere consapevoli che siamo un territorio alpino, dove l’autonomia ce la giochiamo sulla capacità di non fare la fine degli amici di Belluno che hanno vissuto lo spopolamento della montagna. Vuol dire garantire qualità dei servizi anche a chi non vive nei fondovalle. A questo serve il confronto con il ministero: capire quali deroghe, quali vie diverse possiamo seguire rispetto agli standard sui punti nascita. Qualora noi potessimo derogare, allora defineremo quali modalità diverse di declinazione del servizio potremo mettere in campo rispetto al mero standard numerico dei parti, in che modo e con quali costi. A quel punto la scelta da tecnica diventerà politica».

Sull’accoglienza dei profughi, Donata Borgonovo Re ha trovato muri anche da amministratori del Pd.
«È un tema scottante. Siamo consapevoli che amministratori, cittadini e comunità ci chiedono maggiore coinvolgimento. La scommessa, faticosissima perché richiede grande capacità di confronto dialettico, è creare una condivisione sociale: non per una mera distribuzione dei profughi sul territorio, ma per avere le condizioni dell’accettazione. Subito, avvierò un confronto con lecomunità e gli amministratori: abbiamo dei doveri, morali prima che giuridici, all’accoglienza».

Sul Not, il Nuovo ospedale trentino per ora congelato, come la pensa?

«Entro l’anno, la partita va assolutamente chiusa. Sicuramente chiederò al presidente di avviare una riflessione sulle modalità di finanziamento: la finanza di progetto in materia sanitaria, altrove (come a Mestre) s’è rivelata molto costosa e poco efficiente, rispetto ad un modello di sanità pubblica che non presenta le distorsioni della finanza di progetto con il coinvolgimento dei privati…».

Ma l’orientamento della Giunta è già quello di abbandonare il project financing e in alternativa di accedere al finanziamento della Bei. Le chiedo invece se condivide il Not in sé, localizzazione, iperspecializzazione, funzioni. Serve o no?
«Non posso rispondere ora. Ci sono orientamenti assunti che non posso non confermare. Però mi riservo di approfondire: il Not è una delle partite più importanti in agenda, come il tema del completamento dell’integrazione socio-sanitaria e del rafforzamento delle reti territoriali e dei medici di base. Crescerà la collaborazione con altri assessorati: con Olivi, che ora ha gli ammortizzatori sociali, con Mellarini sullo sport, per la prevenzione che riduce la spesa sanitaria…».

Ma sul Not metterà in discussione sia funzioni che localizzazione?
«Il confronto sarà ampio, valutando tutto: costi e benefici, vantaggi ed opportunità».
Su una vicenda come l’Eremo di Arco, dove è in gioco il rapporto pubblico-privato, cosa dice? «Che una mediazione è stata già trovata in Consiglio provinciale. In generale, gran parte del lavoro portato avanti da Donata Borgonovo Re, in applicazione delle decisioni della scorsa legislatura, non potrà che essere confermato. Poi su alcuni tempi si cercherà il massimo confronto, anche tra le forze politiche, perché della tensione c’è. Sul rapporto pubblico-privato è stata fatta di recente una convenzione: ripartiremo da qui».

Per la nuova direzione e la sostituzione di Luciano Flor al vertice dell’Azienda sanitaria, andrà avanti il bando, come previsto?
«Ci confronteremo in Giunta e ci muoveremo nella maniera più condivisa possibile. Ho bisogno di un confronto, sia con il presidente, sia con la giunta e l’Azienda per capire quali sono le modalità migliori per affrontare la questione».

Il Pd trentino esiste ancora?
«Il Pd ha la fortuna di tenere insieme persone che si riconoscono in un quadro valoriale condiviso. Dopodiché, oggi appaiono divisioni e scontri, è vero. Ma i cittadini si attendono un cambio di passo nel governo del Trentino, perché stiamo vivendo una fase socio-economica delicatissima e la politica ha il dovere di essere un riferimento: oggi il Pd non lo è, perché non riesce ad esprimere una linea politica, prima che per le tensioni interne. Ma c’è la consapevolezza che siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Non c’è alternativa, bisogna cambiare. Anche con un congresso catartico in cui ci si dicono le cose in faccia, si presentano linee diverse, ci si confronta e ci si conta. Al partito è chiesto di garantire la filiera istituzioni-partito-società che oggi non funziona».

Fuori dal politichese del documento del coordinamento del Pd, cosa vuol dire «verifica programmatica»?
«Il Pd chiede: c’è la consapevolezza, nella coalizione, che non si è espresso tutto il potenziale? Che il Trentino si aspetta di più da noi? Se sì, sediamoci attorno ad un tavolo per capire cosa è stato fatto e dove si può migliorare, per rilanciare l’azione e lavorare meglio. Questo chiede il Pd a Rossi».

Ma il Pd chiedeva prima una verifica programmatica e solo in quel contesto un rimpasto di Giunta, dicendo chiaramente che il disagio sull’azione di governo non c’era solo per la salute, ma anche per la cultura, per il turismo. Rossi se ne è fatto un baffo.
«È vero. E di questo ha discusso il coordinamento. Che però alla fine ha preso atto che un confronto tra partito e presidente c’è stato: Rossi ha incontrato il segretario e il capogruppo, li ha consultati, e ha comunicato la decisione di ritirare le deleghe a Borgonovo Re e di assegnarne altre. Per una parte del Pd questa consultazione avrebbe dovuto essere più approfondita, per il segretario e i massimi vertici del partito, che hanno dato il via libera, questo è stato l’esito del confronto. La necessità di fare il punto sul programma resta intatta, indipendente dallo spostare Dallapiccola o qualche altro assessore».

Ha sentito Donata Borgonovo Re?

«L’ho chiamata subito, appena appresa la scelta di Rossi. Lei mi ha manifestato la sua non condivisione, nello stesso tempo mi ha assicurato che non mancherà il suo contributo sulla sanità: ne ho bisogno…».
Si aspetta aiuto dall’ex assessora?
«So che fa politica per migliorare la comunità in cui vive, in spirito di servizio. Al di là del momento di comprensibile delusione personale, sono certo che prevarrà la voglia di lavorare insieme».

S’è preso dell’«arraffa» sedie: perché non ha aspettato la riunione del coordinamento del Pd e ha detto subito sì a Rossi?
«Il coordinamento ha fatto chiarezza su questo: prima di dare la mia disponibilità a Rossi, ho parlato con il segretario Barbacovi, che rappresenta il partito, con il capogruppo Manica, con il vicepresidente della Giunta Olivi e anche con il presidente del Consiglio Dorigatti. Dire a Rossi: “Ti dico di no, aspetta” sarebbe stata una scelta politica molto forte, avrei dovuto avere l’avallo del partito anche su questo. Il vertice mi ha detto: “Certo che devi accettare, è una prerogativa del presidente assegnare le deleghe”. Io ho anche detto: se il partito decidesse di aprire una crisi di giunta, rimettendo le deleghe, sarei il primo a farlo”. A una parte del partito non è piaciuto, ma se il segretario e il vertice del partito ti dicono che va bene…».

Ai due parlamentari, Michele Nicoletti e Giorgio Tonini, che non hanno gradito l’esito, cosa dice?                               «La loro è una posizione legittima, ma il coordinamento ha chiarito bene di avere preso atto della scelta di Rossi. Come sempre, nel Pd si dibatte e le posizioni vengono poi riportate. Il comunicato è chiaro e non intendo ribattere a Tizio o Caio».

E a Luigi Olivieri, più vicino a Tonina e Fugatti che a Donata Borgonovo Re sugli ospedali di valle, che dice?
«Ho già detto qual è la mia posizione su tema ospedali, altro non serve dire».

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