l’Adige 25/10/2015

di Pierangelo Giovanetti

Tione, Cavalese, Borgo avranno il Pronto soccorso e medicina interna, più una o più specializzazioni. Il resto passa a Trento, che può diventare un unicum con Roveretolucazeni

Assessore Zeni, quali servizi avranno gli ospedali di vallata e cosa andrà al Not?
Gli ospedali di valle avranno 1) il Pronto soccorso (oggi abbiamo 100.000 accessi al S.Chiara e 100.00 suddivisi fra i vari ospedali, e questo resterà) e medicina interna.
Non le urgenze. Tutta la problematica complessa passa a Trento. 2) Svolgeranno l’ assistenza vicina a casa per il post acuto, dopo che l’ utente ha fatto l’ operazione al Not; 3) la specializzazione per alcune tipologie di casistiche, diventando per quella il centro provinciale.
Questo vuol dire che da tutto il Trentino si andrà in quell’ ospedale per quella tipologia di cura, che offre alto livello di specializzazione. E in tal modo si garantisce ai professionisti che vi operano un’ alta casistica. Nelle prossime settimane definiremo tutte le specializzazioni per ciascun ospedale.

Dopo tante traversie, che tempi realistici vi siete dati per la realizzazione del Not, il Nuovo Ospedale del Trentino?
Entro il 2020 deve essere funzionante, siamo già fin troppo in ritardo. Io sono per la sua dislocazione a Mattarello. Non si può ridurre tutto ad una questione tecnico urbanistica. Se facciamo un nuovo ospedale dobbiamo valutare ciò che è meglio dal punto di vista sanitario. E io ritengo che Mattarello offra maggiori garanzie. Alle Ghiaie abbiamo un’ area contenuta, con il fiume dietro, la tangenziale davanti.
Su Mattarello a breve verrà perfezionata la revisione dell’ accordo con lo Stato. È un’ area omogenea, regolare, più vasta. Ci consente di riprogettare il nuovo ospedale in maniera modulare, in funzione di quelle che potranno essere le novità future. Nel corso degli anni cambiano le tecnologie, le necessità. Il Not dovrà servire per almeno 40 anni.
Non possiamo limitare oggi i bisogni che potranno nascere fra 30 anni per una migliore sanità, costruendolo in un ambito ristretto e senza sbocchi ulteriori.

Sono previsti sempre 600 posti letto anche nel progetto di Mattarello, o saranno di più dato che da più parti si è criticato che erano pochi?
No, non ne servono di più, perché gli ospedali di valle diventeranno il luogo del post -acuto. Al Not c’ è l’ intervento, poi si passa per la degenza all’ ospedale sul territorio.
Quello che Mattarello ci offre è la possibilità di realizzare non un ospedale, ma una «cittadella della salute».
L’ idea è di concentrare a Mattarello i servizi sanitari sparsi per il territorio sul comune di Trento, creando un riferimento unico.
Pensiamo alla scuola di infermieri, dove paghiamo parecchi soldi di affitto; Villa Igea; i servizi ambulatoriali vari che possono essere portati lì, razionalizzandoli.
Anche la sede amministrativa di via Degasperi può essere concentrata lì a Mattarello. Il progetto prevede questo.

Ma la sede dell’ Azienda non è di vostra proprietà?
Si può dismettere e creare un riferimento unico della salute. Ricordiamoci che abbiamo già speso 35 milioni per quelle aree perché doveva diventare cittadella militare. Adesso non possiamo lasciare l’ area lì inutilizzata.

Gli ospedali di Trento e Rovereto andranno intesi come un unicum? Cioè un unico polo ospedaliero con alcune discipline (oculistica o otorino per fare un esempio), dislocate a Rovereto e altre invece a Trento?
Ci stiamo riflettendo. Se pensiamo ad un unico ospedale gestito su due poli, è chiaro che alcuni doppioni che si creano non hanno più ragion d’ essere, non sono più funzionali. Certo intendendo Trento -Rovereto come un unico ospedale si può modulare differenziando le necessità.

Certo che Protonterapia a questo punto rimane lì da sola, senza più una struttura ospedaliera attorno. Ha senso?
Protonterapia è stata progettata anche per essere autonoma, sganciata dalla struttura ospedaliera.
Questo me l’ ha confermato l’ ideatore, il dottor Renzo Leonardi. La tipologia di utenti che ha bisogno di ricovero ospedaliero è molto bassa. Quello che invece occorre fare è attrezzare l’ area attorno per l’ accoglienza dei familiari, anche in un’ ottica di attrattività da fuori regione.

Come sta andando Protonterapia, dopo un anno di funzionamento. È arrivato l’ accreditamento nazionale e l’ inserimento della struttura trentina nei Lea, i livelli essenziali di assistenza?
Ad un anno dalla partenza il primo turno è pieno.
Abbiamo una cinquantina di utenti trattati. Siamo ancora lontani dai 700 previsti, ma finora Trento non era ancora inserita nei Lea. Nelle prossime settimane il ministero ci ha garantito che Protonterapia sarà inserita dentro i Lea per una serie di tipologie tumorali, soprattutto quelli infantili.
Questo garantisce il salto perché invece di muoversi con fatica, rivolgendosi alle regioni, si è inseriti dentro il quadro nazionale.
Che valutazione dà del sistema di medicina generale in Trentino, i cosiddetti medici di base? Da più parti si sente dire che è il tallone d’ Achille della sanità trentina, e che ha bisogno di un’ urgente riorganizzazione, al di là della qualità dei singoli medici che sicuramente c’ è.
Per me la riforma dei medici di medicina generale ha priorità assoluta. L’ attuale organizzazione è ancora legata ai vecchi schemi del medico della mutua, di decenni fa. Il mio obiettivo è di aggregare i medici sul territorio. In città è più facile ed è già in parte attuato. Ora occorre estenderlo nelle valli, individuando un luogo fisico, sfruttando il patrimonio che abbiamo, utilizzando spazi disponibili, e lì concentrare i medici di creando un presidio di riferimento costante per il cittadino. Unendo in questi luoghi i medici di medicina generale e le guardie mediche possiamo creare un centro di medicina assistenziale che copre le 24 ore. Deve cambiare il ruolo del medico, la sua capacità di interazione, di collaborazione con gli altri medici, migliorando la qualità dell’ offerta.
Quindi verranno meno gli ambulatori di paese.
L’ obiettivo è creare questi luoghi della salute sul territorio, che verranno incoraggiati anche mettendo a disposizione spazi. In Finanziaria prevediamo degli incentivi, assegnando ai medici tali strutture gratuitamente (ricordiamo che sono liberi professionisti convenzionati). Invece di avere un aumento in busta paga, cercheremo di dare una riorganizzazione vantaggiosa anche per il singolo medico. Poi ogni medico di base valuterà se mantenere anche uno sportello di paese, o se questo diventa invece superfluo.
Teniamo presente che la media dei medici di medicina generale è di uno ogni 1400 pazienti. Creando dei luoghi unitari, il cittadino sa che, se anche il proprio medico di base non c’ è, trova un riferimento, e non deve andare al pronto soccorso. Si può creare anche un supporto di segreteria e per la diagnostica di base (Mezzolombardo ne è un esempio).

Che tempi avete per tale riorganizzazione?
Ho dato mandato all’ Azienda di considerare questa una priorità assoluta. Stiamo individuando le zone.
Mezzolombardo è già partito, Ala sarà il prossimo, e poi via via tutto il Trentino.
Settimana prossima sarò in consiglio comunale ad Ala e valuteremo la completezza del presidio.

Il sistema è da riformare, ha detto. E sulla qualità dei medici di base che giudizio dà?
C’ è una grande qualità di professionalità, di disponibilità, di messa in gioco personale, ma trovo anche una eccessiva sindacalizzazione, che rischia di diventare una sindacalizzazione corporativa e non propositiva. La mia esortazione è che riacquistino il loro ruolo, prendendo coscienza della centralità del medico di base, diventando protagonisti del processo di riorganizzazione.

Assessore, lei sa che una delle lamentele maggiori degli utenti sono le liste d’ attesa? Si riuscirà una buona volta per tutte a ridurle, se non proprio eliminarle?
Il sistema dei Rao (Raggruppamenti di attesa omogenei) funziona. Il 90% dei tempi d’ attesa (10-20-30 giorni a seconda dell’ urgenza) è rispettato. I problemi maggiori si registrano quando non c’ è urgenza. Se guardiamo ai numeri ci sono discipline (per esempio oculistica o urologia) che hanno numeri più alti (anche 45- 60 giorni) che pure senza urgenza dovrebbe risultare indubbiamente più brevi.
E sui calendari delle visite? È mai possibile che le agende da un anno all’ altro non siano aperte, e quando aprono sono giò spesso tutte esaurite.
Questa è una cosa su cui dobbiamo cambiare assolutamente. Quando faccio una visita devo avere fissata anche quella successiva dell’ anno dopo, se si tratta di visite periodiche. Non si può dire: non c’ è il calendario, e poi costringere l’ utente a chiamare per inserirsi nell’ agenda. Se poi c’ è una data da modificare deve essere la struttura che chiama l’ utente. Su questo va cambiato sistema.

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