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Dopo l’annuncio entusiastico di una riapertura delle piste da sci per il 18 dicembre da parte dell’assessore Failoni, leggiamo con stupore di una possibile forte limitazione degli spostamenti a scopo turistico tra regioni e tra Stati.
Definire i protocolli di sicurezza anticovid sugli impianti è la parte più facile della questione. Una programmazione seria deve definire anche molti altri aspetti.
In primis coordinarsi nelle sedi istituzionali per definire quale tipo di mobilità a fini turistici sarà possibile tra regioni e tra Stati nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
Poi deve essere chiara l’analisi di sostenibilità economica, ovvero quali sono i numeri minimi per poter riaprire e quale tipo di sostegno pubblico può eventualmente colmare il deficit, magari valutando se e quali stazioni sciistiche vadano aperte o lasciate chiuse.
Infine c’è la questione della rete ortopedica provinciale. In questo momento l’attività è fortemente limitata, con disagi notevoli che incidono sulla traumatologia, non soltanto sugli interventi programmati. L’attività è ferma a Tione ed a Borgo, c’è una sala disponibile per due mezze giornate a Cavalese, una sala a Cles, Rovereto e Trento. A Trento, su cui convergono tutte le maggiori urgenze, è a disposizione un’unica sala, peraltro recuperata e senza schermature per le emissioni radiologiche.
Con questa interrogazione il consigliere Zeni chiede quali siano, oltre che le simulazioni economiche rispetto all’apertura delle piste da sci, le modalità organizzative con le quali si intende ripristinare una rete ortopedica in grado di far fronte all’aumento dei traumi legato alla riapertura delle piste da sci.

Interrogazione a risposta scritta

Quale programmazione per una riapertura sostenibile delle piste da sci?

La gestione della pandemia comporta la necessità di trovare un giusto equilibrio tra scelte di politica sanitaria e necessità di tutela del contesto socio economico, attraverso analisi e simulazioni che consentano di valutare le ricadute delle scelte. Le decisioni di prevenzione per la diffusione del virus non possono essere contrapposte agli interessi economici; l’esempio di altri Stati mostra che spesso un maggiore rigore e restrizioni rigide per un tempo limitato possono portare ad un danno economico minore rispetto al caso di restrizioni più blande ma più protratte nel tempo, con una curva dei contagi a decrescita lenta.

Sta alla politica svolgere le dovute valutazioni, sulla base di dati e proiezioni, con la massima trasparenza.

Per la nostra provincia il turismo invernale rappresenta una componente importantissima per l’economia, ed in particolare le piste da sci rappresentano un fattore di traino fondamentale.

Per questo è condivisibile che l’amministrazione provinciale, insieme alle altre regioni dell’arco alpino, stia lavorando per consentire un’apertura degli impianti. “L’obiettivo è riaprire il 18 dicembre”, hanno dichiarato il presidente Fugatti e l’assessore Failoni, dopo aver discusso a livello nazionale dei possibili protocolli da utilizzare sugli impianti.

Tuttavia la definizione dei protocolli tutelanti dal punto di vista della diffusione del contagio da seguire sulle piste (distanze, limiti di persone) appare come la parte più facile della questione.

Quello che deve essere definito in maniera chiara sono anche altri passaggi.

Ad esempio quale tipo di mobilità tra regioni e tra Stati si prevede nei prossimi mesi, perché eventuali limitazioni inciderebbero in maniera determinante sul numero di turisti; su alcuni quotidiani nazionali oggi si ipotizzano limitazioni molto forti agli spostamenti e alla permanenza per motivi turistici anche verso le regioni gialle almeno per tutto il periodo delle festività, e questo inciderebbe in maniera elevatissima sulla programmazione della stagione invernale.

Altra valutazione riguarda quali sono i numeri minimi sotto ai quali mantenere aperta una stazione sciistica sarebbe del tutto insostenibile, alla luce dei costi di funzionamento, ed eventualmente quale sostegno pubblico si ritiene potrebbe e dovrebbe adottare la Provincia; quali sono i numeri minimi di turisti al di sotto dei quali per il settore alberghiero di ogni località diventerebbe insostenibile l’apertura, ed in che modo vi potrebbe essere una compensazione pubblica delle perdite; se in base alla previsione del calo di numero di turisti, sia possibile valutare l’apertura soltanto di alcune stazioni sciistiche.

Un’altra questione particolarmente rilevante riguarda come si intenda organizzare il sistema sanitario per sopportare l’importante e prevedibile aumento dei ricoveri per traumi dovuti allo sci. Nella fase 1 la necessità di curare i malati covid aveva comportato una marcata riduzione di tutte le altre attività, in particolare degli interventi programmati, ma lo stato di lockdown, con la forte limitazione delle attività antropiche, aveva consentito di gestire la situazione (pur con conseguenze rilevanti per molti pazienti con patologie anche gravi).

In questo momento la situazione ospedaliera rischia di essere molto più complessa e problematica. Per recuperare posti in terapia intensiva si stanno utilizzando molte delle sale operatorie normalmente utilizzate per le operazioni, e per il ricovero dei pazienti covid si stanno utilizzando posti letto di quasi tutti i reparti.

In particolare ortopedia ha limitato pesantemente la propria attività. L’attività programmata è stata sospesa in tutta la rete ospedaliera pubblica (mentre pare che prosegua nelle strutture private), e l’attività d’urgenza è garantita con fortissime difficoltà. Sospesa tutta l’attività a Borgo e Tione, rimane per l’urgenza una sala per due mezze giornate a settimane a Cavalese, una sala a Cles, una a Rovereto, una a Trento. A Trento, su cui convergono le urgenze più complesse, le sale operatorie dell’ortopedia sono utilizzate per la terapia intensiva, ed è a disposizione soltanto una vecchia sala in passato utilizzata per l’oculistica e poi per i cesarei, priva di barriere antiradiazioni alle pareti, difficile da sterilizzare dopo gli interventi.

Tenendo conto che in questo momento le attività lavorative proseguono, che i cantieri sono aperti, che il rischio di infortuni sul lavoro, direttamente od in itinere, non è molto più basso che nei periodi di normale attività, l’impatto degli infortuni sulle piste da sci sulla rete ortopedica sarebbe molto difficile da sostenere in questo momento.

Peraltro, se risultano circa 40 persone ricoverate in terapia intensiva, a fronte di una disponibilità dichiarata di 102 posti, non si capisce perché si debbano utilizzare quasi tutte le sale operatorie per la terapia intensiva in questo momento: non sarebbe più funzionale utilizzare qualcuno degli altri 60 posti? A meno che quelli dichiarati non siano il totale dei posti ipotizzabili utilizzando ogni spazio disponibile e bloccando totalmente ogni altra attività.

Teniamo conto del fatto che mentre in altre realtà, come la provincia di Bolzano, si è scelto di adottare restrizioni molto rigorose, e si è sperimentato il tamponamento a tappeto, al fine di abbattere la curva dei contagi, e di conseguenza di poter prevedere tra alcune settimane un calo rilevante dei malati covid negli ospedali, in Provincia di Trento è verosimile che, in assenza di limitazioni così restrittive, il calo dei contagi, e di conseguenza l’impatto sugli ospedali dei malati covid, seguirà una curva che si ridurrà in maniera molto meno veloce.

Nel frattempo su molte piste si è iniziato a sparare.

Tutto ciò premesso, si interroga il Presidente della Provincia e l’Assessore competente per conoscere

  1. Quali previsioni di limitazioni della mobilità tra regioni e tra Stati per motivi turistici sono ipotizzabili nei prossimi mesi, e quali considerazioni ha avanzato e condiviso in proposito la nostra Provincia nelle sedi istituzionali nazionali;

  2. Quali analisi, valutazioni e simulazioni sono state svolte con riferimento ai diversi scenari di sostenibilità per il settore turistico, quali numeri minimi sono previsti per ogni stazione sciistica per l’apertura, quali interventi di sostegno pubblico, e se si sia valutata la possibilità di concentrare soltanto su alcune stazioni sciistiche l’attività;

  3. Per quale motivo, a fronte di un numero di posti letto dichiarato di terapia intensiva di 102, ed una occupazione di circa 40, si stanno utilizzando quasi tutte le sale operatorie disponibili per la terapia intensiva;

  4. Quale sia il calo della curva dei contagi atteso, quale la tempistica per la diminuzione dei ricoveri negli ospedali dei malati covid e quale organizzazione della rete ortopedica sia prevista per far fronte all’impatto della riapertura delle piste sul numero delle urgenze traumatologiche.

A norma di regolamento, si chiede risposta scritta.

Avv. Luca Zeni