In questo periodo uno dei principali temi che si trova ad affrontare la Provincia di Trento è quello dei rapporti con lo Stato, poiché oggi lo Stato chiede al Trentino un contributo finalizzato al risanamento finanziario del bilancio statale attraverso due strumenti: il Patto di Stabilità, ovvero il miglioramento del saldo tra entrate e uscite, e la riserva all’erario, ovvero il mantenimento allo Stato delle maggiori imposte introdotte nelle ultime manovre (ad es. l’aumento dell’IVA); i dati sono stati forniti dal Presidente Dellai nel corso dell’ultimo consiglio provinciale: 732 milioni (485 patto di stabilità e 244 riserva all’erario) per il 2012, 833 milioni (536 + 330) per il 2013, 909 milioni (536 + 356) per il 2014.

La discussione si colloca in realtà all’interno di un percorso che attraversa almeno gli ultimi vent’anni della storia del Paese, e che riguarda i rapporti tra Stato e Regioni, tra centro e periferia, tra Regioni a statuto ordinario e Regioni a statuto speciale.
Negli ultimi vent’anni il Trentino con lungimiranza ha scelto sempre la via di avere entrate il più certe possibili, legandole alle entrate fiscali del territorio, a fronte di sempre nuove competenze.
Nel recente passato l’avvenimento più rilevante di questo percorso è l’ormai famoso “Accordo di Milano”: nel novembre 2009 venne siglato un accordo tra governo italiano e Provincia di Trento, poi divenuto legge dello stato, che modifica il titolo VI dello Statuto di autonomia, quello che disciplina i rapporti finanziari con lo Stato.
Quell’accordo doveva anticipare l’attuazione del federalismo fiscale, definendo i rapporti tra la Provincia di Trento e lo Stato in maniera definitiva.
All’epoca il Pd del Trentino fu critico sia sul metodo utilizzato (si è inaugurata una prassi per la quale è sufficiente un accordo tra esecutivi, poi recepito in legge dallo Stato, per modificare quella parte dello Statuto di autonomia), poiché non si svolse alcun confronto su un tema tanto importante, mentre siamo convinti che soltanto quando le grandi scelte passano attraverso una discussione aperta e trasparente, le decisioni si fondano su basi solide.
Nel merito sottolineammo le parti positive contenute in quell’accordo ma anche le parti meno convincenti.
A distanza di due anni possiamo dire che le preoccupazioni espresse in quella sede si rivelano purtroppo fondate, e paradossalmente aver accelerato per anticipare l’attuazione della legge 42 del 2009 sul federalismo fiscale, anche rompendo l’unità del fronte delle autonomie speciali, ha finito con il penalizzare il Trentino, che rischia di pagare due volte.
Infatti l’Accordo di Milano prevedeva un saldo negativo totale per la Provincia calcolato in circa 500-600 milioni di euro all’anno, come contributo alla solidarietà nazionale.
Ma quell’accordo non si è rivelato così blindato come si sperava, e le condizioni difficili del Paese hanno portato il governo nazionale a chiedere una ulteriore partecipazione della Provincia di Trento al risanamento del bilancio statale.
In questo contesto siamo chiamati a scegliere quale via seguire, ed è una scelta esclusivamente politica.
La prima strada potrebbe essere quella della chiusura, della difesa ad oltranza delle prerogative dell’autonomia, ricordando le ragioni storiche e utilizzando tutti i possibili strumenti giuridici per evitare che lo Stato intervenga imponendoci una ulteriore stretta sul Patto di stabilità e riservando a se stesso le entrate derivanti dagli aumenti fiscali. Sarebbe una strada molto difficile da percorrere sul piano giuridico e persa in partenza su quello politico, poiché l’autonomia oggi non si difende con la chiusura ma accettando il confronto, dimostrando con i numeri i risultati positivi dell’autogoverno, proponendo modelli e costruendo relazioni.
Ecco che l’unica strada percorribile diventa allora quella di rilanciare ed accettare la sfida di una ulteriore assunzione di responsabilità, e la strada indicata dalla giunta va sicuramente in quella direzione; la richiesta al governo Monti è di acquisire le ultime competenze che ancora non sono in mano alla Provincia, ottenendo come contropartita di non vederci applicata la stretta su Patto di stabilità e riserva all’erario.
È una richiesta che permetterebbe di chiudere un cerchio incominciato vent’anni fa, con una autonomia completa che non peserebbe quasi più sullo Stato, una autonomia che si autofinanzia con i 9/10 delle entrate fiscali, e compartecipa alle funzioni che comunque rimarrebbero allo Stato (ad esempio la politica estera) e al risanamento dei conti pubblici con il restante decimo.
È una strada coraggiosa, probabilmente l’unica che possiamo intraprendere, anche se è giusto evidenziare le criticità che comunque presenta. Dal punto di vista complessivo dei conti, andiamo ad acquisire competenze che incideranno sul nostro bilancio per circa 450 milioni di euro, in parte compensate dai proventi delle maggiori entrate che altrimenti sarebbero riservate all’erario. Dobbiamo però ricordare che i soldi richiesti per il patto di stabilità tecnicamente non sono “restituiti” allo Stato, bensì costituiscono degli accantonamenti sul nostro bilancio, vengono congelati e teoricamente dovrebbero poter essere utilizzati in futuro quando la situazione finanziaria sarà migliore. Al contempo le somme destinate allo Stato per la riserva all’erario in futuro verosimilmente non ci saranno più, perché nel momento in cui dovesse scendere la pressione fiscale ormai a livelli insostenibili, al fine di favorire la crescita, queste somme spariranno come entrata del nostro bilancio, mentre rimarranno gli oneri derivanti dalle nuove competenze.
È importante avere presente questi meccanismi: la strada che andiamo ad intraprendere è responsabile e dovuta perché sono troppe la variabili in gioco, ma esistono delle criticità, perché se in un futuro non troppo lontano venissero sbloccati i soldi accantonati per il patto di stabilità e venisse ridotta la pressione fiscale, potremmo risultare penalizzati in termini meramente economici. Tuttavia la partita è politica, e riguarda la volontà di ottenere una autonomia completa su tutte le competenze.
A questo proposito occorre sottolineare la necessità di porre attenzione sulla declinazione completa di tali competenze. Chiediamo la competenza in materia di controllo fiscale (l’agenzia delle entrate), con conseguenze positive sulla possibilità di costruire un sistema di accertamento più equo, efficiente ma non sommario.
Al contempo competenze così delicate, se avvicinate al territorio possono comportare il rischio di distorsioni, per cui sarà molto importante costruire dei sistemi di trasparenza, indipendenza e controlli molto efficiente.
Per quanto riguarda invece altre competenze tipicamente statali (la giustizia, le forze dell’ordine), la Provincia potrà semplicemente sostituirsi nella parte finanziaria allo Stato, al quale rimarrà il potere di direzione e amministrazione; sarà importante trovare dei criteri di calcolo dei costi, per evitare che eventuali inefficienze nella gestione statale vadano a pesare sulla Provincia, che non potrà intervenire direttamente.Il modello proposto comporta una ulteriore responsabilizzazione del Trentino, come ha ricordato il Presidente Dellai illustrando la proposta. Responsabilità per i cittadini, per le famiglie, per le imprese.
Ma sarà una responsabilità che dovrà ricadere ancora di più sulla classe dirigente trentina. Questo modello impone di adottare politiche sempre più in grado di stimolare la cultura d’impresa, spesso rimasta soffocata da una Provincia troppo presente; questo modello impone di sperimentare sempre nuove strade, in particolare sarà fondamentale adottare presto la norma di attuazione in materia di ammortizzatori sociali.
E dovremo farlo adottando scelte sempre più condivise, con trasparenza ed apertura, perché solo in questo modo una comunità è consapevole e convinta, e capace di fronteggiare qualunque critica. L’apertura al confronto è anche il miglior modo per far comprendere i vantaggi e le caratteristiche dell’autogoverno; paradossalmente più saranno le competenze dell’autonomia e più avremo la responsabilità delle scelte, più dovremo dotarci di strumenti di comparazione, per essere sempre stimolati a migliorare.I prossimi non saranno anni facili, ma il Trentino possiede risorse umane prima ancora che economiche tali da poter guardare con fiducia al futuro.

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