Il mio intervento sul tema delle primarie pubblicato sul “Trentino” di oggi, 30 novembre 2012.

Le primarie di domenica scorsa sono state un grande segnale, ed hanno visto vincitori i cittadini:
in un momento di grave crisi di credibilità della politica, moltissimi hanno scelto di non rassegnarsi e di rivendicare il loro diritto a determinare il proprio destino. In queste settimane ho incontrato un gran numero di persone consapevoli di come il loro futuro dipenda dalle scelte che la politica dovrà fare nei prossimi mesi e anni: la loro partecipazione è ciò che ne determinerà la direzione.

Ho incontrato altrettante persone sfiduciate, ognuna con mille ragioni, ed è a loro che vorrei rivolgere l’invito a non mollare, a non rinunciare, perché il miglior alleato della cattiva politica e del qualunquismo è proprio l’astensione.

Uno delle maggiori cause della sfiducia è la vuota retorica che spesso viene usata: “L’alleanza con i moderati è strategica” “Occorre una nuova offerta politica al centro” “Il Pd deve rappresentare una delle gambe della coalizione tra moderati e progressisti”..

Anche un “addetto ai lavori” fatica spesso a seguire un simile linguaggio politico, e quello che sta alla base del confronto tra Renzi e Bersani è proprio il significato di concetti di fondo, che paiono spesso cristallizzati in un mondo che è invece in continuo mutamento.

Forse che a 23 anni dalla caduta del Muro di Berlino, destra e sinistra hanno lo stesso significato di allora, mercato contro socialismo reale? L’errore di impostazione più rilevante sta proprio nell’identificare gli schieramenti con le ricette proposte: oggi è senza senso dire che è di destra chi vuole meno tasse ed è di sinistra chi vuole un’alta spesa pubblica!

Ancora: qual’é oggi il significato di moderato? La moderazione rappresenta certo uno stile, a mio avviso fatto di eleganza e non di urla, ma le idee per definizione non possono essere moderate!

Cosa significa essere di centro oggi? Io ad esempio mi sento di centro sinistra: di centro perché credo nel dialogo e in una politica non ideologica, di sinistra perché credo nella giustizia sociale e nel dovere che la politica ha verso i più deboli. Ma tutto questo non c’entra con i contenitori e con la politica dei due forni, che si sposta a seconda della convenienza: oggi la scelta vera è tra la radicalità delle idee ed il moderatismo inadeguato di una politica che non decide.

Per questo credo siano profondamente sbagliate sia la posizione qualunquista di chi dice che “destra e sinistra sono tutte uguali”, sia chi usa schemi obsoleti per classificarle: destra e sinistra oggi ci sono e sono diverse, ma con quali contenuti? La distinzione sta nella visione di fondo della concezione della politica: essere di sinistra significa essere convinti che “l’Altro mi riguarda”, significa avere un anelito alla giustizia sociale, non accettare le inquietudini e le sofferenze che vivono troppe persone anche nel nostro Paese.

Invece essere di destra oggi – cadute le ragioni della destra storica – significa una maggiore attenzione alla “ragione tecnica”, a principi di efficienza che garantiscano che i soldi delle mie tasse non siano sprecati;

ma la ragione tecnica a mio avviso oggi non basta.
È una semplificazione, ma in questa visione conta il “sentimento della cosa pubblica”, e le ricette proposte possono essere valutate tenendo insieme valutazioni di “bene sociale” e di sostenibilità economica.
Ecco perché Renzi riesce a convincere tanti cittadini, perché è profondamente di sinistra nella concezione di una politica attenta alle diseguaglianze ed alle ingiustizie, ma ha il coraggio di scardinare un certo conservatorismo, quello che ha paura delle proposte fondate su ragioni economiche se non sono di parte, bensì il risultato di valutazioni di efficienza da cui oggi non si può prescindere.

Pensiamo al lavoro: oggi la priorità della politica non può essere il mantenimento del lavoro secondo una logica assistenziale, ma la capacità di creare lavoro, che può essere autonomo o dipendente, non c’è una contrapposizione, vanno insieme. è la “generatività” la chiave per una politica del lavoro capace di garantire la dignità e i diritti dei cittadini.
Pensiamo all’eguaglianza, che nel Paese delle rendite di posizione quale è l’Italia, deve significare mobilità sociale. Ovvero: sia il figlio del notaio sia quello dell’operaio devono avere le stesse possibilità di realizzare il proprio percorso di vita, seguendo i loro sogni e le loro aspirazioni. La mobilità sociale, che è il vero problema italiano, in questo Paese non si risolve certo con un modello che ha creato precari senza tutele, ed educato giovani ad aspirare ad un posto fisso chiamandolo “diritto al lavoro”. Per anni si è definito di sinistra (la sinistra dei diritti) questo modello culturale paternalistico dietro cui si nascondeva la difesa corporativa di categorie protette.
Alla fine colui che vincerà, sia Renzi sia Bersani, avrà una forte legittimazione dei cittadini, e avrà la forza per cambiare il Paese. Il segnale chiaro arrivato infatti è una forte voglia di una politica senza alchimie e inciuci, ma libera, trasparente, aperta ai cittadini, e il Pd oggi riesce a essere il riferimento per la gran parte degli italiani e dei trentini, unendo la serietà di Bersani con la spinta innovativa di Renzi, che dovranno amalgamarsi a prescindere dal risultato finale e a prescindere dai destini personali dei candidati.

Ma ora arriva il bello, si riparte da zero, e tutto può succedere!
Luca Zeni

Lascia un commento


9 × nove =