Di seguito l’intervento pubblicato sul Corriere del Trentino rispetto al futuro di Mediocredito.
Mediocredito declassato, gli errori della cooperazione
La notizia del declassamento di Mediocredito riapre il dibattito sul destino di quella che è considerata “la banca del territorio”.
La gestione operativa di Mediocredito è stata delegata, in questi ultimi anni, da parte dei soci pubblici di maggioranza, le due Province e le Regione, al Credito Cooperativo trentino, uno dei soci di minoranza, attraverso dei patti parasociali, al fine di porre la banca in mani esperte nella gestione del credito.
I risultati purtroppo non sono stati quelli sperati e la sopravvenuta crisi economica finanziaria mondiale ha ulteriormente accentuato la gravità della situazione.
La gestione di Mediocredito a guida cooperativa è mancata, vuoi per errore strategico, vuoi per non far concorrenza al movimento cooperativo stesso, soprattutto nella strategia impostata per la banca.
Essa era nata per raccogliere sul mercato, anche dei piccoli risparmiatori trentini, denaro a medio e lungo termine, tramite emissioni obbligazionarie, con lo scopo di finanziare le imprese trentine, sempre nel medio lungo termine, in modo da far crescere l’economia trentina.
Per non fare concorrenza alle emissioni obbligazionarie delle Casse Rurali Trentine, il Mediocredito si è rivolto ai mercati finanziari internazionali per fare raccolta, sfruttando il buon rating della banca, garantito dalla presenza dei soci di maggioranza rappresentati dagli enti pubblici.
Oggi che il rating è notevolmente peggiorato e gli enti pubblici non sono più considerati eventuali “salvatori illimitati”, poiché la normativa lo impedisce, tale canale di raccolta sarà da ripensare e, comunque, qualunque canale scelto sarà da qui in avanti molto più caro.
Anche dal punto di vista degli impieghi la strategia cooperativa adottata per Mediocredito, denotata dal non dare troppo fastidio all’operatività delle Casse Rurali Trentine, ha portato ad aprire filiali fuori Regione. Solo la filiale di Treviso è composta da 6 persone, mentre le altre filiali di Bologna, Padova e Brescia sono composte ognuna da solamente 2 persone, con lo scopo di prestare denaro (raccolto grazie alla garanzia degli enti pubblici regionali) alle imprese venete, lombarde ed emiliane (oltre il 50% dei crediti totali è fuori Regione).
I risultati di questa strategia sono stati purtroppo fallimentari. Complessivamente i crediti “deteriorati” alla fine del 2014 sono arrivati alla consistenza lorda di 229 milioni di euro contro un patrimonio della banca di soli 187 milioni di euro. Negli ultimi esercizi la svalutazione dei crediti deteriorati, diluita di anno in anno nei conti economici, ha comportato la chiusura dei bilanci con micro utili solo contabili, sostenuti tra l’altro dagli utili derivanti dall’attività di trading su titoli (7,4 milioni l’utile nel 2014) che con la sostenibilità delle imprese del territorio nulla ha a che fare.
La Cooperazione Trentina propone ora, avendo ricevuto come assist il peggioramento del rating di Mediocredito che ne inficia il valore, di acquisirne il controllo effettivo tramite la sottoscrizione di un aumento di capitale sociale di circa 50 milioni di euro al valore nominale (il valore a patrimonio netto è oltre il triplo, nonostante le vicissitudini) chiedendo agli enti pubblici di rinunciare alla sottoscrizione e alla differenza di molti milioni di euro. Oltre al “regalo” alla cooperazione trentina gli enti pubblici si ritroverebbero poi come soci di minoranza, con un valore della quota che quindi decade ma con l’onere “politico” di dover comunque intervenire in qualche modo, nel caso che la banca peggiori ancora il suo status. Il rischio inoltre è che Mediocredito, una volta entrato a tutti gli effetti nel perimetro della cooperazione di credito trentina, venga inglobato in quel credito cooperativo nazionale che sembra delinearsi a Roma, dove a governare il tutto sarebbe l’istituto centrale Iccrea di Roma. Il piano di un polo cooperativo del Nord Est sembra ormai difficile da attuare: Bolzano e il Friuli si sono defilati ed alle Casse Rurali trentine e venete verrebbe chiesto di versare 500 milioni di euro per ricapitalizzare un movimento che anche in Veneto ha notevoli BCC in perdita da anni.
A questo punto è da valutare politicamente se sia più opportuno, visti i risultati e le prospettive, e più utile per le imprese del territorio, sempre più bisognose di una banca che ne finanzi lo sviluppo, che Mediocredito si smarchi definitivamente dal mondo cooperativo tornando a fare decidere gli ancora soci di maggioranza pubblici sul destino anche strategico e operativo della propria banca con un deciso cambio di amministratori e management più allineati al sostegno del territorio. Tra l’altro si potrebbe accordarsi con BZ, che ha già messo in vendita la sua quota di Mediocredito, per far tornare la banca interamente sotto il controllo della PAT magari in alleanza con nuovi soci privati o bancari trentini o non trentini ma più allineati verso una nuova strategia della banca.
Luca Zeni
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