La relazione del Presidente Dellai ci ha ricordato che non possiamo parlare di questa manovra senza parlare di una crisi economica, in cui siamo completamente immersi e sulla quale tutto il mondo sta concentrando la sua attenzione da molti mesi.
Tutti noi abbiamo studiato ed approfondito – ciascuno con la propria sensibilità e con i propri limiti – le cause di una crisi che è strutturale più che congiunturale, finanziaria prima che economica.
Una crisi che ci ha sbattuto in faccia tutte le contraddizioni di un ideologia, quella del liberismo e del mercato senza regole, che era diventata il nuovo mito della nostra epoca.
Abbiamo dovuto – forse voluto – aspettare che il sistema esplodesse, per capire che i mutui subprime non sono un sistema lungimirante di credito, per capire che se le grandi banche si basano sulla speculazione i cittadini non hanno garanzie per i loro risparmi, per capire che la quasi totale assenza di regole non porta giustizia sociale ma sperequazione e diseguaglianze.
La responsabilità maggiore, in tutto questo è stata della politica, che si è lasciata mettere in disparte, rinunciando ad una essenziale funzione di regolazione e controllo.
Gli esperti ci dicono che la crisi è ancora all’inizio, ci aspetteranno lunghi mesi di difficoltà.
Ma anche che alla fine ne usciremo, e dovremo uscirne più consapevoli e lungimiranti.
Infatti questa può essere una enorme opportunità per il mondo in generale e per un territorio più “protetto” come il nostro in particolare.
Avremo un’economia più solida, che non rincorrerà i soldi facili proposti dagli speculatori; ci sarà un miglior rapporto tra valore reale di un’attività o di un prodotto e il prezzo di mercato.
Ci sarà una riconversione di interi settori a livello mondiale; gli Stati Uniti stanno stimolando il settore del risparmio energetico con somme ingenti.
E ognuno di noi sarà costretto a chiedersi se davvero il fine della nostra esistenza si riduca al consumare, soddisfando bisogni indotti, o se non valga la pena cercare tutti insieme una nuova direzione, una nuova strada capace di difendere davvero quella dignità dell’uomo a cui tutti ci richiamiamo. Una società dove l’economia sia uno strumento al servizio dell’uomo, un mezzo di realizzazione personale, non il fine ultimo.
Questa idea l’ho intravista soprattutto nelle ultime pagine della relazione del Presidente, che hanno saputo volare alto, indicando – per un rilancio vero dell’economia – la via della creatività e dell’innovazione.
E’ in fondo la stessa prospettiva che i grandi Paesi della terra stanno proponendo. Ieri sul Corriere della Sera era riportato un testo del Presidente degli Stati Uniti, che coglie perfettamente lo snodo. Dice Obama: “la scelta non è tra un capitalismo caotico e spietato, da un lato, e un’economia statale oppressiva dall’altro. Questa è una falsa alternativa, che non produrrà alcun beneficio per il nostro Paese, né per gli altri”. La strada è quella di “un nuovo concetto di cooperazione globale”.
Il nostro piccolo Trentino si colloca dunque all’interno di un mondo fatto di continue interazioni.
Il Presidente Dellai nella sua relazione ha riportato numerosi indicatori che ci mostrano le difficoltà che vivono imprese e lavoratori anche in Trentino, pur all’interno di un quadro complessivo che tiene.
Una difficoltà che giustifica una manovra importante, tempestiva, che interviene in molteplici settori, cercando non solo di attenuare gli effetti di una crisi globale, ma di rilanciare l’economia.
L’aspetto forse più evidente della manovra, evidenziato anche nella relazione del presidente, è che si interviene in modi molteplici:
- vi è innanzitutto un contrasto alla povertà, un sostegno alle fasce più deboli e che più rischiano di essere messe ai margini del sistema economico in una fase di difficoltà. Il reddito di garanzia è una misura che ci colloca tra i grandi sistemi del welfare, ed era uno dei pilastri del programma elettorale del Partito Democratico del Trentino. A tal proposito sottolineo un passaggio essenziale della relazione, e cioè che questo non deve essere un intervento assistenzialistico, magari un incentivo a non lavorare: se prendiamo a modello l’esperienza di altri paesi, in particolare quelli del nord Europa, le forme di sostegno al reddito devono essere subordinate all’attiva ricerca di un impiego.
- Altrettanto importante e rilevante è il sostegno al lavoro e alle imprese. Spesso dimentichiamo che sono le imprese – e nella nostra realtà mi sento di dire soprattutto le piccole imprese – il tessuto produttivo che consente di produrre ricchezza e tenere insieme un sistema economico e sociale. Il sostegno diretto e indiretto alle imprese trentine è un punto di forza di questa manovra, soprattutto dove si cerca di stimolare settori come quelli del risparmio energetico e la protezione ambientale. Certo, la necessità di un intervento immediato, capace di rimettere in moto tempestivamente investimenti e lavori, può creare dei rischi, degli sprechi; al contempo il ruolo centrale che avrà la giunta nell’elaborazione di criteri e nella distribuzione delle risorse è forse una conseguenza necessaria per garantire tempestività.
Però non è mai un bel segnale quando troppo potere decisionale è in mano all’esecutivo, soprattutto in un territorio piccolo come il Trentino. Per questo in fase di attuazione si dovrà stare attenti a garantire procedure che consentano sì celerità, ma anche la massima trasparenza ed imparzialità.
- Tornando alle misure della manovra, altrettanto importante è il sostegno alle famiglie per consentire la formazione e gli studi dei giovani. Spesso nei momenti di difficoltà economica le prime voci ad essere tagliate sono quelle relative alla ricerca e alla formazione. Solo una politica attenta e lungimirante decide invece di investire ancora di più in questi settori, vero nucleo di un rilancio profondo e autentico sul lungo periodo.
Non possiamo infatti nasconderci dietro a un dito, l’economia trentina è fortemente caratterizzata da una presenza massiccia del pubblico.
Se andiamo a vedere alcuni indicatori della capacità di innovazione di un sistema, come il numero di brevetti per abitante, ci accorgiamo che siamo decisamente in ritardo.
Diventa allora essenziale investire con convinzione nella formazione e nella ricerca, e al contempo occorre legare alle peculiarità del territorio le aree su cui investire maggiormente. Risulta infatti evidente che il Trentino non è la silicon Valley, e che probabilmente sarà difficile per noi diventare un polo informatico a livello mondiale.
Viceversa pensiamo quanto possiamo essere all’avanguardia nel campo della protezione civile, dell’agricoltura, della valorizzazione delle risorse del territorio e dell’autonomia.
Ed è proprio questo il punto vero.
La nostra storia, il nostro territorio, la nostra stessa identità sono la vera chiave per uscire dalla crisi economica con nuova speranza e nuove opportunità.
Abbiamo davanti delle sfide che non possiamo permetterci di perdere, ma non tanto perché diventeremmo un po’ meno ricchi dal punto di vista economico, ma perché ci omologheremmo, appiattendoci a modelli che snaturerebbero la nostra identità.
I continui attacchi alla nostra specialità ci obbligano a metterci in gioco, a guardarci indietro per trovare una nuova strada:
- una strada di alleanze e diramazioni che possono dirigersi verso nord, gettando ponti anche al di là del confine del Brennero, stando attenti a non rimanere invischiati in anacronistici ritorni di ideologiche nazionalistiche ed etniche, che a nord di Salorno – ma soprattutto oltre il Brennero – si continuano a evocare;
- una strada che deve guardare anche alla specificità che caratterizza tutto l’arco alpino, dove vivono comunità montanare che devono stare insieme per contare. Da questo punto di vista è stato un segnale importantissimo l’accelerazione trentina sull’applicazione della Convenzione delle Alpi, mentre lo Stato italiano rimane colpevolmente silente;
- una strada che deve guardare all’Europa, scommessa di unità nella tutela delle diversità, capace di unire senza rendere uguali territori, regioni, popoli, nel superamento dello schema di una mera unione tra Stati.
E questo non dobbiamo stancarci di dirlo e ricordarlo, in un periodo storico dove le difficoltà dovute alle paure e agli egoismi degli stati europei hanno frenato la realizzazione di un sogno che anche nella nostra Regione è stato coltivato per tanto tempo.
Un’Europa che ha il dovere di essere traino per il mondo, insieme agli Stati Uniti del nuovo corso.
- una strada che deve rivolgersi anche al resto dell’Italia. Se è vero che il concetto di Stato nazione appartiene al secolo scorso, anzi a quello ancora precedente, oggi non possiamo prescindere dall’essere parte dello Stato italiano. Per questo la politica trentina tutta, in maniera trasversale, deve sentirsi ed essere pienamente autonomista.
Un’autonomia però aperta, capace di gettare ponti verso Roma: non è isolandoci e difendendo il fortino che facciamo il bene della nostra comunità.
Il concetto di autonomia oggi manifesta tutta la sua attualità: autonomia non significa né subalternità né indipendenza, bensì riconoscere che il mondo è interconnesso, e che le comunità si rapportano secondo il principio di sussidiarietà.
La storia della nostra Regione, il nostro essere terra di confine, la ricchezza data dalla presenza di tanti diversi gruppi linguistici, può consentirci di essere oggi più che mai modello di comunità prima ancora che di convivenza.
Però non dobbiamo sentirci “arrivati”, abbiamo il dovere di rinnovare continuamente le ragioni di un’autonomia che sempre più sarà all’insegna dell’apertura, della relazione, dove il valore aggiunto è dato dall’incontro tra gruppi linguistici e culturali diversi non più in contrapposizione ma in costante interazione e dove il termine confine assume il significato di osmosi.
Un ultimo aspetto che mi preme come cittadino trentino mettere in evidenza. È corretto e di grande responsabilità che un sistema pubblico, quale quello provinciale, attinga dentro se stesso tutte le risorse finanziarie e umane possibili per essere pronto ad affrontare la crisi.
Ma l’ammontare delle risorse che si intendono spendere in questo 2009 per creare sostegno alle aziende e all’economia è imponente e, se in parte dovrà essere finanziato a debito, pur nella certezza che questo indebitamento sarà gestito con la massima professionalità e serietà da parte della Giunta provinciale e della dirigenza provinciale, mi impone e ci impone di adottare un principio di precauzione e di accortezza.
Attenzione, e lo dico – sia chiaro – con spirito costruttivo e di realismo, attenzione a non ricorrere troppo a strumenti di indebitamento che pesano inevitabilmente su tutta la comunità, per affrontare con eccessiva imponenza le situazioni che abbiamo davanti. Non vorrei, infatti, che questa crisi durasse troppo a lungo e che le risorse fossero spese tutte e tutte subito. Non vorrei, che l’uscita dalla crisi ci consegnasse un Trentino che ha resistito sì, ma che si è indebitato troppo.
Sono sicuro che questi aspetti di grande complessità tecnica sono ben evidenti agli occhi della Giunta. Ma mi era d’obbligo sottolinearli.
Concludo esprimendo il pieno sostegno del Gruppo del Partito Democratico del Trentino alla manovra di assestamento al bilancio.
Abbiamo cercato di condividere e contribuire il più possibile, pur nell’emergenza di un momento che richiede risposte immediate.
Un ulteriore contributo cercheremo di darlo con alcuni ordini del giorno che illustreremo al termine di questa discussione generale, e che si occupano di temi centrali come l’investimento nella conoscenza, nella cultura, nella coesione sociale, nell’imprenditorialità femminile, nell’istruzione (ed in particolare nelle scuole bilingue, per gettare le basi di nuove generazioni capaci di interagire con il mondo), nel supporto ai ricercatori trentini, nel sostegno ai redditi dei lavoratori e alle categorie più in difficoltà.
Lo abbiamo fatto consapevoli della responsabilità che ognuno di noi ha verso i cittadini trentini.
Perché solo se sapremo essere esempio di unità, pur nella diversità della sensibilità di ognuno, l’intera società trentina ci seguirà sulla strada di una nuova autonomia, capace di vincere le tante scommesse che ci aspettano.