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LA MELONI E L’UNIVERSALITÀ DELLA CROCE
Nel comizio davanti ai rappresentanti della destra spagnola, Giorgia Meloni mostra una faccia molto lontana dalla maschera rassicurante che ultimamente prova a indossare, per sembrare più affidabile di flipper-Salvini.
Tra i soliti slogan piuttosto scontati e banali che elenca però ce n’è uno che stona alla grande.
Mi riferisco a quel “sì all’universalità della croce”.
Non ho mai amato la politica che tira per la giacchetta la religione, ma quando se ne parla, dovrebbe esserci almeno la sensibilità di farlo con estrema attenzione.
Citare l’universalità della croce dentro un elenco di piccoli odi e chiusure, oltre che sgradevole, è proprio contradditorio e concettualmente sbagliato.
Sulla croce Cristo si fa carico della sofferenza di tutta l’umanità, e l’universalità che esprime è esattamente l’opposto di una dottrina basata sul “noi contro di loro”, sui confini chiusi, su una identità statica.
L’universalità della croce significa identità che cresce nella relazione, significa incessante ricerca di una Verità che scaturisce dal dialogo, significa riconoscimento dell’Altro.
Se si vuole fare i sovranisti, quelli anti europeisti, quelli che vedono lobby dietro ad ogni angolo, quelli dei muri ai confini, quelli che si sentono i portatori del vero interesse del popolo, quelli del “prima gli italiani, prima gli spagnoli, prima casa mia”, a seconda del comizio, almeno si lasci in pace la croce e non la si citi a sproposito.