Sabato 07 ottobre – Corriere del Trentino
La bontà di un modello organizzativo non deriva da una valutazione astratta, ma dalla capacità di garantire il raggiungimento degli obiettivi posti nel miglior modo possibile in un dato contesto. Ciò vale anche per l’ assistenza sanitaria, che si sviluppa in una società attraversata da grandi cambiamenti demografici, sociologici e tecnologici, i quali producono rapide evoluzioni nei bisogni di salute della popolazione, e di conseguenza nelle risposte tecnico-procedurali che possono essere messe in campo. In sanità, più che altrove, rimanere fermi equivale ad arretrare. L’ innovazione è quindi condizione necessaria per assicurare la costanza nella qualità e nell’ appropriatezza dei servizi. Per questo nella rete ospedaliera si è superata l’ idea di tanti ospedali generalisti sparsi per il Trentino (dove si rischiava di fare tutto ma con una qualità non elevata) e si è concentrata la complessità nelle strutture maggiori (perché in sanità casistica numerosa equivale a qualità), mentre la gestione del post acuto e della cronicità è gestita nelle strutture territoriali più piccole e vicine al domicilio dei pazienti. Si sono introdotte le cure intermedie quale spazio di presa in carico che si pone tra la dimissione ospedaliera e il rientro del paziente in una condizione di domiciliarità. Si stanno avviando aggregazioni dei medici di medicina generale e si punta a valorizzare le professioni sanitarie come quella infermieristica. Sono solo alcuni esempi delle innovazioni che stanno caratterizzando la sanità trentina, ma rappresentano bene l’ obiettivo generale che si sta perseguendo: garantire continuità nella presa in carico del paziente dentro e fuori l’ ospedale e favorire ove possibile percorsi di cura preventivi, territoriali e integrati. La riorganizzazione dell’ Azienda sanitaria parte da tale premessa, dalla consapevolezza degli effetti dei trend demografici sui bisogni di salute della popolazione; dal riconoscere l’ importante azione infrastrutturale che ha interessato il Trentino negli ultimi decenni e le possibilità di mobilità che questa ha generato; dalla necessità di offrire ai trentini pari opportunità di fruizione dei servizi sanitari e omogeneità di trattamento a prescindere dal loro punto di accesso alla rete provinciale. L’ impostazione a rete consente di coniugare sicurezza e efficacia delle cure con specializzazione e sostenibilità nel medio-lungo periodo. Al contempo impone di passare da un modello organizzativo frammentato, in cui l’ individuo è «letto» quale paziente di una data struttura (ospedaliera o territoriale che sia), ad uno integrato, in cui la persona viene vista come portatrice di una complessità di esigenze di cura. Autorevoli soggetti certificatori riconoscono la qualità dei servizi erogati nella nostra provincia, grazie al lavoro svolto negli anni passati. Ma se vogliamo affrontare con successo le sfide che avremo davanti alcune modifiche all’ assetto attuale si rendono necessarie. Non possiamo più permetterci organizzazioni focalizzate sul «contenitore», siano essi ospedali piuttosto che distretti. Occorre invece concentrare la nostra azione sui «processi» e i «contenuti» della nostra assistenza. I luoghi fisici dove vengono erogate le prestazioni restano basilari, ma vanno ripensati in una logica di trasversalità, equità ed accessibilità alla nostra rete dei servizi. Proprio i fattori positivi della nostra sanità ci consentono di andare in questa direzione, di affrontare le sfide della cronicità e del come mantenere attivi i presidi ospedalieri di valle. Senza l’ opportunità di essere inseriti in una rete aziendale molto solida, infatti, difficilmente oggi professionisti specializzati possono trovare interesse a collocarsi in strutture periferiche. Al contempo se dovessero venire meno i presidi ospedalieri di valle collasserebbe anche l’ ospedale centrale. Certo, dovranno essere modificati alcuni assetti e rapporti tra professionisti abituati a governare da soli un pezzetto del sistema, per lavorare invece con un’ ottica integrata. Ma non porsi oggi di fronte a tali scenari e prepararsi a gestire le future emergenze sarebbe miope e irresponsabile. È comprensibile che qualcuno difenda modalità gestionali consolidate in anni passati con un diverso contesto demografico, professionale, tecnologico, scientifico, ma oggi occorre una visione globale che si innesta sull’ analisi dell’ evoluzione dei bisogni, per garantire i migliori servizi ai cittadini.