Di seguito la traccia dell’intervento svolto oggi in occasione di una importante discussione in Consiglio Provinciale sulle linee per la manovra finanziaria 2012

 

Il Paese sta attraversando una fase estremamente difficile.
La crisi economica che attraversa l’Europa da un lato rende tutti consapevoli che il modello consumistico della crescita infinita e della finanza senza regole possiede profonde contraddizioni, ma al contempo sono state poche le iniziative che hanno portato a misure concrete, ed anche oggi non pare esserci all’orizzonte la volontà di cambiare davvero l’impostazione di fondo.
La speranza che quella che abbiamo passato fosse una crisi passeggera, una “U” sul grafico del PIL, ha favorito politiche economiche basate su una alta spesa pubblica per rilanciare i consumi, e sulla pubblicizzazione delle perdite delle maggiori banche e imprese; per riuscirci gli Stati si sono indebitati al di sopra del livello di guardia.
In questo contesto l’Italia è in una situazione più difficile degli altri, perché il debito è cresciuto senza controllo e soprattutto perché non sono state fatte riforme strutturali oggi non più rinviabili.
722 miliardi di entrate ogni anno, 793 di uscite, di cui 739 di parte corrente, 70 miliardi di deficit e 70 di interessi sul debito. 250 miliardi spesi per le pensioni, 171 per gli stipendi pubblici, un’evasione stimata pari a 80-100 miliardi all’anno di entrate per lo Stato.
Numeri che ci mostrano un Paese appesantito, dove le rendite di posizione rappresentano un ostacolo difficile da superare.
A tutto questo si aggiunge una politica in piena crisi di credibilità, che disorienta cittadini e mercati. Le conseguenze sono un tasso molto alto necessario per collocare i titoli italiani, e questo significa che dovremo pagare nei prossimi anni interessi alti per i prestiti di oggi, e perdita di fiducia dei cittadini nello stesso sistema politico, figlio di una transizione che ormai ha quasi 20 anni nel passaggio tra la dispendiosa palude della prima repubblica e un bipolarismo finalmente efficiente e compiuto.
Una crisi della politica che si innesta all’interno di una profonda fase di riassetto dei rapporti tra territori e istituzioni; negli ultimi anni il tema che passa sotto “federalismo”, in particolare quello fiscale, non deriva tanto da diverse impostazioni nella visione di qualche partito, ma dai difficili rapporti tra Stato centrale e Regioni, tra Regioni a Statuto ordinario e Regioni a Statuto speciale, tra nord e sud del Paese. Tensione che è riesplosa in occasione dell’ultima manovra di settembre, dove lo Stato centrale ha penalizzato fortemente tutte le autonomie locali.
Oggi occorre essere consapevoli che la finanza dei territori costituisce la pietra angolare dell’intero edificio autonomistico, perché i mezzi finanziari a disposizione delle autonomie incidono sul contenuto delle decisioni politiche dalle stesse adottabili nell’esercizio delle competenze loro riconosciute.
Negli ultimi 10 anni in Italia c’è stato un costante cammino verso una diffusa autonomia delle entrate, con la possibilità di godere, entro certi limiti, di potestà tributaria. Si sono affermati principi come quelli  della territorialità delle entrate, il principio dell’integrale finanziamento delle funzioni pubbliche attribuite alle istituzioni territoriali, il divieto di vincoli di destinazione per i finanziamenti a carico del fondo perequativo, la finalizzazione degli interventi “speciali” ad obiettivi elencati in Costituzione, e così via.
Il problema, noto, è il ritardo che si è accumulato nella attuazione legislativa e regolamentare di questi principi.

 

Questo il quadro nel quale ci troviamo a discutere le linee di bilancio per il prossimi anni.
Lo stiamo facendo in un contesto di grande incertezza, con criticità e opportunità che si intersecano, e che dipendono in larga misura dal contesto nazionale ed internazionale, a cui siamo legati a doppio filo, a dispetto di chi pensava che potessimo essere sufficienti a noi stessi e che quanto si muove intorno a noi non incidesse sulle sorti della nostra autonomia.
Innanzitutto non è ancora chiaro se e quanto sarà l’importo richiesto per il Patto di stabilità per i prossimi anni, e questo incide sulla possibilità di spesa e sulle ipotesi di spostare di anno in anno alcuni pagamenti (espediente peraltro discutibile nel merito) perché se la situazione attuale dovesse continuare poi ci troveremmo in difficoltà.
Sappiamo poi essere possibili ulteriori manovre nazionali, e verosimilmente gli interventi prevederanno la riserva all’erario per le nuove e magari anche per le vecchie misure adottate, e questo significherebbe un ulteriore appesantimento per imprese e cittadini senza nuove entrate per la Provincia.
Ci sono infine molti interrogativi sull’andamento dell’economia nazionale e trentina nei prossimi anni. Molti indicatori ci dicono che in questi ultimi tre anni di crisi il Trentino ha tenuto molto bene rispetto al resto del Paese, ma vediamo anche che a fronte di una forte immissione di risorse pubbliche, iniziano ad esserci preoccupanti segnali di difficoltà per la crescita (siamo ormai in media nazionale, inferiori all’Alto Adige), per l’accesso al credito, per il futuro stesso di molte imprese, per l’occupazione, in particolare giovanile, quasi in linea con il resto del nord est. E ci sono indicatori come numero di spin off e brevetti che ci mostrano un sistema che deve ancora crescere.

Un percorso, quello dei prossimi anni, reso più impegnativo dalla consapevolezza che fino al 2018 riceveremo dallo Stato dei crediti arretrati che sono stati sbloccati con l’Accordo di Milano, per un importo di circa 4-500 milioni all’anno, ma che a partire da quella data non rappresenteranno più una voce di entrata.

 

Cosa fare? Come muoverci?
Non possiamo che condividere con convinzione la linea di spingere con ancora maggiore vigore sulla competitività e la produttività delle imprese, perché il nostro bilancio dipende dalla salute del nostro tessuto produttivo, sia in termini assoluti, perché alcune imposte come IRAP e IRPEF sono direttamente collegate alla residenza dei cittadini e alle sede legale delle imprese, sia in termini relativi, perché le entrate di altre imposte come IRES e IVA dipendono dal volume di produzione o di scambi rispetto al nazionale.
La produttività è l’elemento che consente poi di compiere quegli interventi necessari per garantire equità e tutela delle fasce sociali in difficoltà. Sono silenziose in Trentino, ma ci sono e sono sempre di più.  Lo testimonia un andamento depresso dei consumi. Più competitività, più crescita, significa più ricchezza per le casse provinciali e dunque più interventi di perequazione, di sostegno alla solidarietà e alla giustizia sociale.
Mai come oggi, è compito di questa Provincia lavorare al meglio per rimuovere quegli ostacoli che impediscono la piena uguaglianza, il benessere, l’equità.
Mai come oggi, le istituzioni, insieme alle forze sociali e agli imprenditori del Trentino, sono responsabili della ricchezza dei nostri figli e della qualità della vita sociale e democratica di cui potranno, spero, continuare a godere, garantendo il diritto al lavoro: la disoccupazione giovanile è cresciuta molto, ed il rischio è minare la fiducia stessa nel futuro dei nostri giovani.
Per riuscirci non possiamo che ripetere quanto ci siamo detti tante volte: meno contribuzione a pioggia e maggiore capacità di puntare su ricerca, innovazione, giovani imprese, reti e filiere; occorre riallocare la spesa di parte capitale in favore degli interventi maggiormente in grado di dare impulso alla competitività e alla produttività del sistema trentino.
Ma possiamo fare molto di più anche per stimolare una cultura d’impresa che in Trentino è forse rimasta sopita a causa di un accompagnamento pubblico che ha troppo spesso deresponsabilizzato le imprese. Apriamo di più agli imprenditori privati, ma chiediamo al contempo più coraggio.
Agli imprenditori con onestà dobbiamo dire che se noi cambiamo marcia, lo debbono fare anche loro: chi chiede sostegno per ricerca, innovazione tecnologica, miglioramento delle prestazioni ambientali dovrà sempre trovare la porta spalancata, le risorse a disposizione.
Agli altri dobbiamo chiedere di rimboccarsi le maniche, programmare i propri interventi, buttare il cuore oltre l’ostacolo, e rischiare.
Oggi paradossalmente tutta la responsabilità della crescita e dell’andamento del PIL è addossata sulla Provincia: è ora di uscire da questo paradosso, la ricchezza la creano le nostre imprese, i lavoratori.
Dopo la manovra anticongiunturale del 2008-2010, in cui si sono spese moltissime risorse per sostenere interi settori in crisi, si deve chiudere una fase in cui si sono salvate aziende la cui crisi è stata solo rimandata.
Non ce lo possiamo più permettere.
Così come non ci si può più permettere, di avere 14 società controllate, ciascuna con il proprio consiglio di amministrazione, e per loro tramite oltre 40 società partecipate; l’auspicio è che la giunta compia proposte coraggiose sfruttando fino in fondo il lavoro della commissione che sta lavorando per una razionalizzazione del sistema.
Altra priorità da condividere è l’impegno per favorire l’accesso al credito, condizione necessaria per chi vuole investire. Dobbiamo ringraziare il sistema bancario trentino, ed in particolare quello delle Casse rurali, per lo sforzo fatto negli ultimi anni, ma le difficoltà di raccolta che presenta oggi dovrebbe portare ad interrogarsi su possibili rivisitazioni di una frammentazione che rischia di non riuscire a competere in una economia ormai internazionale.

Ma veniamo al cuore del dibattito che dovremmo svolgere oggi, e che ci fa concludere con una preoccupata considerazione. Alla luce dei rischi che si presentano per gli anni a venire e che abbiamo ricordato – patto di stabilità per i prossimi anni, crisi economica duratura, nuove manovre nazionali, venir meno dal 2018 dei crediti arretrati – sarà molto importante una politica di bilancio rigorosa e prudente: diversamente, cosa accadrebbe se la crescita del PIL fosse inferiore alle attese e il Paese ci chiedesse ulteriori sacrifici? Prepariamoci alle condizioni più difficili, con l’ottimismo e l’impegno di chi pensa si possa ripartire con slancio!
Certi, non è facile da un lato proseguire con una politica di investimenti alta, investimenti che peraltro dovranno essere sempre più oculati e attenti ai costi di gestione che comporteranno, insieme ad una politica di rigore di bilancio, ma abbiamo ancora le risorse per farlo, e questo è evidente se confrontiamo le risorse della nostra autonomia con quelle di altre aree.
Doveroso razionalizzare la spesa e migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione; avremo modo nelle prossime settimane di approfondire questo tema, vorrei soltanto anticipare la proposta del gruppo del Pd relativa al passaggio dai sistemi operativi con licenza all’open source per tutta la pubblica amministrazione, con risparmi di milioni di euro ogni anno.
Accanto a questo, abbiamo il dovere di accantonare sul bilancio dei prossimi esercizi una quota di risorse, e questo ce lo impone il patto di stabilità, ma anche di diminuire ulteriormente le uscite, senza aver paura di ridurre di qualche punto il bilancio complessivo. Lo abbiamo fatto lo scorso anno, quando avevamo “soltanto” 59 milioni richiesti per il patto di stabilità ed un “meno” rispetto al 2010, potremo farlo anche nei prossimi, in modo da arrivare al 2018 preparati: sono troppe le variabili in gioco per rischiare. Naturalmente tutto questo senza incrementare ulteriormente il debito, anzi, cercando di ridurlo, perché sarà un fardello che ingesserà la possibilità di manovra per chi verrà dopo di noi.
Lavoriamo consapevoli che solo il Trentino unito in tutte le sue componenti saprà cambiare passo.
Lavoriamo con ottimismo ma con l’atteggiamento del buon  padre di famiglia che sa che l’inverno potrebbe essere ancora lungo, e per questo privilegia la solidità della sua casa e la capienza della sua dispensa.
Se poi i rischi non si avvereranno, il patto di stabilità verrà meno, l’economia tornerà a galoppare, il Paese riuscirà a fare quelle riforme che aspettiamo da anni, tanto meglio! Avremo nuove entrate e maggiore flessibilità di bilancio!
Buon lavoro a tutti noi
Grazie

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