Dopo il voto del 26 maggio, e ancora di più dopo il ballottaggio, si sono susseguite numerose letture “esterne” del voto di Pergine. In particolare oggi sentiamo dire che “diviso il centrosinistra perde”, che “divisi vince l’opposizione”, e via dicendo. Tra l’altro dimenticando in un colpo solo l’esito dell’elezione in molti grandi comuni trentini, da Cles, Mori e Arco (il Pd vince contro Upt e Patt) a Ledro (Pd e Patt vincono contro Upt).
A Pergine negli ultimi 20 anni sono stati molti i tentativi di formare blocchi neocentristi, sia per la presenza di un elettorato moderato maggiore che in altre aree urbane del Trentino, sia soprattutto per la presenza di una classe dirigente di lungo corso che non ha mai nascosto questo disegno. La sinistra nel 1995 era all’opposizione della prima giunta Anderle, nel 2000 Margherita e Ds erano maggioranza, con il Patt all’opposizione insieme alla destra, nel 2005 per la prima volta la coalizione di centrosinistra autonomista si è presentata unita.
Nell’ultima consiliatura il rapporto dentro la coalizione di centrosinistra autonomista è stato sempre molto teso, e in diversi momenti si è rischiata la rottura. Su molti temi le visioni tra il Pd e soprattutto l’Upt erano molto lontane. Dal progetto di riqualificazione di San Cristoforo, che per il Pd era una enorme speculazione edilizia, al teatro da 29 metri di altezza (e dai 10? 12? milioni di euro di costo e 1? di gestione all’anno) ai piedi del Castello, sui grandi progetti si è spesso avuta una discussione fortissima. Tra l’altro quasi sempre si era creata sintonia programmatica tra Pd e Lista civica.
Queste erano le premesse con cui si è andati alla trattativa prima del deposito delle liste nelle scorse settimane, dopo le dimissioni del Sindaco Corradi. I nodi programmatici erano rimasti aperti, e non c’era l’intesa su un nome come candidato sindaco. Nonostante questo il Pd ha a lungo cercato una convergenza, per provare a rilanciare la coalizione su nuove basi.
Il Pd ha proposto allora le primarie di coalizione, e per settimane ci si è logorati nella trattativa; alla fine si è trovato l’accordo: le primarie ci sarebbero state. Si è discusso addirittura della distribuzione dei seggi, ma il giorno successivo l’Upt ha ritrattato, facendole saltare. Tutti da soli.
Il resto è storia nota. Al primo turno Osler 32%, Oss Noser 26%, Taffara 20%.
Per senso di responsabilità, più che per convinzione valoriale e programmatica, il Pd ha cercato di costruire ponti con Osler, ma non solo non c’è stata apertura sui nodi programmatici ancora da sciogliere, non solo si è avuta una chiusura netta all’ipotesi di apparentamento (molti posti sarebbero saltati, il Pd sarebbe stato determinante per tenere in piedi la maggioranza), ma si sono anche alzati i toni, con dichiarazioni pubbliche e private disprezzanti verso il Pd. Un messaggio alle civiche di Oss Emer? Sappiate che noi non ci apparenteremo, non fatelo nemmeno voi e ce la giochiamo? Non possiamo saperlo. Ma tant’è.
Ecco che il Pd di Pergine si è trovato in imbarazzo. Infatti non si fronteggiavano il candidato amico con cui era naturale l’apparentamento e il candidato della destra, bensì un candidato che nell’immaginario collettivo rappresentava la continuità della gestione amministrativa che si era via via chiusa in sé stessa, con quello che meglio rappresentava il cambiamento, tra l’altro supportato da molti candidati consiglieri sicuramente con un orientamento di centrosinistra.
Questa è la chiave di lettura delle elezioni di Pergine. Così come avvenuto in molti altri casi (Arco su tutti, ma anche Mori, Cles, Ledro..), lo scontro non è stato tra destra e sinistra. Ma tra vecchio e nuovo. I cittadini (perginesi in questo caso) hanno scelto tra chi rappresentava una gestione consolidata di amministrazioni stanche e chi si proponeva come in grado di aprire, di rinnovare, di rompere rendite di posizione pregresse. Negli altri comuni era stato il Pd, da solo o in compagnia, a cavalcare in maniera vincente queste istanze, a Pergine lo hanno fatto le Civiche di Oss Emer, che al secondo turno ha conquistato in maniera naturale il voto democratico, e probabilmente anche molto voto di destra.
Il messaggio che ci arriva da Pergine non è allora: “divisi si perde, quindi ci si metta d’accordo a qualunque costo”, bensì “rinnovando si vince”. Come abbiamo visto negli altri comuni, vince la politica che non si limita a guardare indietro, ma quella che sa rinnovare e innovare”.
Facciamone tesoro!