Ecco l’intervento svolto in occasione della conferenza programmatica del Pd del 28 maggio.
- IL CORAGGIO DELL’AUTONOMIA –
Care democratiche e cari democratici,
il fine di assemblee come quella di oggi è di affrontare i nodi che riguardano il Trentino e la nostra comunità.
Per farlo è necessario aprire al nostro interno un confronto serrato, critico, costruttivo ed onesto.
Ogni giorno ci investono le notizie più disparate: dai cambiamenti climatici ai terremoti, dalle aggressioni ai processi, dall’economia alla politica internazionale, per finire con le cronache della politica nazionale.
Se dovessimo provare a sintetizzare con alcune parole chiave lo stato d’animo di molte persone di fronte a un tale turbinio di informazione, potremmo parlare di confusione, spaesamento, insicurezza, sfiducia.
Ben pochi riescono a offrire punti di riferimento rassicuranti, e a livello politico la soluzione è spesso individuata nella chiusura, nel proliferare di un neolocalismo che erige muri e si sottrae al confronto. L’idea stessa di Europa oggi è messa in discussione da spinte centrifughe che ripropongono le contraddizioni dello Stato nazione nell’idea delle piccole patrie.
In Trentino ci troviamo ad affrontare questa situazione da una posizione privilegiata, perché il percorso compiuto negli ultimi decenni (ma potremo dire negli ultimi secoli) ha portato l’intera nostra comunità a vivere pienamente il concetto di autonomia.
Per questo ora ci troviamo davanti ad una sfida nuova, affascinante e difficile, in cui il Partito democratico del Trentino gioca un ruolo decisivo per la sua stessa natura.
La strada da percorrere è quella di risalire il crinale, in equilibrio tra la consapevolezza delle nostre radici, storia, e tradizioni, fatte di volontariato e cooperazione, di associazionismo e di comuni, e la spinta che ogni comunità viva deve avere verso il cambiamento, l’innovazione, la ricerca di nuove soluzioni.
Di conservazione, dell’idea che piccoli e soli possiamo farcela, il Trentino – come già ci metteva in guardia Bruno Kessler – oggi potrebbe morire.
La strada dell’innovazione rappresenta l’unica risposta possibile in un mondo in continua evoluzione e senza confini. Una innovazione però ancorata alle vocazioni e alla storia della nostra comunità.
Oggi il quadro Trentino, rispetto a quello di molte altre realtà, è positivo, largamente positivo. Ma questo stesso quadro non é statico bensì dinamico, come il contesto che ci circonda.
Anche la nostra comunità si trova quindi nel bel mezzo di un cambiamento e, come sempre avviene, un cambiamento può venire subìto od essere governato: nel primo caso la politica non é più in grado d’influire sulle scelte che assicurano qualità alle condizioni di vita dei cittadini che rappresenta. Purtroppo questo é avvenuto sin troppo spesso negli ultimi anni.
Nel secondo caso invece la politica assolve il compito che le é proprio e guida il cambiamento, rendendo i cittadini protagonisti e facendo in modo che possano ricevere il beneficio di quei progressi, in termini non solo economici ma anche culturali e sociali.
É a questo tipo di prospettiva che guarda in Trentino il Partito Democratico, per guidare un cambiamento capace sia di mantenere quel benessere che chi ci ha preceduto ha saputo costruire, sia di assicurare soddisfazione alle aspettative di coloro che oggi stanno entrando, o si accingono a farlo, nella vita lavorativa, culturale e sociale della nostra terra.
Il ruolo del Partito Democratico, e dei tanti amministratori cui i cittadini si sono rivolti con fiducia per guidare questa evoluzione, rendendo il PD il primo partito in Trentino, é proprio fare in modo che essi possano affrontare le nuove sfide del Terzo Millennio da protagonisti!
Certo, lo stiamo facendo con la fatica del confronto quotidiano, essendo parte di una coalizione, ma crediamo nella condivisione e nel confronto costante sulle nostre proposte.
É con questa attitudine trasparente al confronto – che pure non dovrebbe essere una novità in una nazione democratica – che dobbiamo acquisire ancora maggiore consapevolezza del nostro ruolo e della nostra visione, assumendoci pienamente la responsabilità del cambiamento.
Se oggi guardiamo al Trentino vediamo un territorio che resiste alla crisi, ma con qualche difficoltà. Nonostante l’imponente sforzo delle finanze pubbliche provinciali – 1.300.000 di euro, ha ricordato l’assessore Olivi, con un ricorso importante all’indebitamento, ha ricordato Michele Nicoletti – il PIL pro capite in Trentino nel 2009-2010 è regredito ai livelli del 2006 (ca. 28.900 euro), subendo una sostanziale flessione nel 2008 e 2009.
Siamo largamente sopra il dato medio nazionale e sostanzialmente in linea con il dato del nord est, ma inferiori a quello dell’Alto Adige.
Abbiamo in parte resistito all’onda lunga della crisi, ma non l’abbiamo attraversata indenni, e non è conclusa. Pensiamo alla diffusione della povertà. In base alle rilevazioni del Servizio Statistica della Provincia, la percentuale di famiglie povere, ossia quelle che possiedono un reddito disponibile inferiore alla metà di quello medio della popolazione italiana, è stabile dal 2004 al 2009, ma nel 2009 molti nuovi nuclei sono caduti sotto questa soglia, per un totale del 7%.
Si tratta di un dato sotto controllo ma significa che complessivamente, nel 2009 risultavano povere circa 43 mila persone, corrispondenti a più di 17 mila famiglie. Non dimentichiamo poi tutte quelle famiglie che, sebbene al di sopra di questa soglia, oggi faticano ad andare avanti.
Dobbiamo porci l’obiettivo di offrire a tutti condizioni di vita dignitose, e per questo occorre un programma di interventi che miri a restituire serenità a queste famiglie. Lo stesso potrebbe dirsi di molti altri aspetti del nostro pur efficace e ricco sistema di welfare. Possiamo fare molto per migliorare il sistema sanitario provinciale, il sistema dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, il sistema dell’assistenza alla genitorialità ed al benessere familiare. Ci sono ancora troppe situazioni di disagio sociale ed economico che non trovano risposta e che non possono attenderla per mesi.
Se allarghiamo il nostro sguardo al mondo del lavoro, vediamo come nel corso del 2010, l’occupazione media in provincia di Trento ha raggiunto le 229.500 unità, ma a fronte di una quasi stabilità del numero dei lavoratori rispetto al 2009, spicca la crescita della disoccupazione.
Oggi il mercato del lavoro non riesce a garantire soddisfazione a coloro che vi si affacciano per la prima volta.
Ed anche quando vi riesce spesso l’occupazione è caratterizzata da precarietà e non valorizza la qualificazione. Questo trend colpisce ancora più drammaticamente i giovani: le nuove generazioni sono alla ricerca di un futuro da costruire. Chiedono un aiuto, vogliono sperare. Sono dati di questi giorni: in Italia il 2010 ha aggiunto 182.000 nuovi disoccupati a quei 300.000 giovani tra i 18 ed i 29 anni che nel 2009 avevano perso il lavoro.
In termini relativi, il calo dell’occupazione giovanile è stato circa cinque volte più elevato di quello complessivo: nel 2010, è occupato circa un giovane ogni due nel Nord, meno di tre ogni dieci nel Mezzogiorno. Stiamo penalizzando lo sviluppo futuro del nostro Paese non andando incontro alle aspirazioni dei giovani che costituiscono il nostro presente. In Trentino potremo e dovremo lavorare a fondo, anche utilizzando la delega in materia di ammortizzatori sociali.
Certamente, la ragione per cui si rallentano le politiche di miglioramento sociale è sempre la stessa: mancano investimenti perché sono calate le risorse.
Troppo frequentemente sento dire, non senza un fondo di verità: “son finiti i tempi delle vacche grasse”. Ma questo tipo di rassegnazione non è accettabile: se le risorse vecchie sono finite o quasi, dobbiamo fare in modo di trovarne e svilupparne di nuove!
Dobbiamo lavorare perché cresca la ricchezza prodotta, così che assieme ad essa possa crescere il gettito a disposizione dell’Autonomia.
Al contempo dobbiamo mettere al centro quello slogan che abbiamo suggerito in sede di discussione dell’ultima finanziaria provinciale: “fare meglio con meno”, che significa che la spesa pubblica, ossia le risorse dei cittadini di cui dispone la pubblica amministrazione, vanno investiti con oculatezza, valutando con attenzione costi e benefici degli interventi, valutando gli effetti degli incentivi elargiti, pronti a raddrizzare il tiro se necessario.
Attraverso una ottimizzazione delle risorse attuali si possono trovare ulteriori risorse per migliorare il benessere economico e sociale delle famiglie! Lo abbiamo più volte detto ed è nostro dovere interrogarci sulla necessaria linea di politica economica. Io credo che si possa sicuramente “fare meglio con meno”, a condizione di essere più selettivi.
In economia la selezione, è necessaria non solo in termini di gestione delle risorse scarse, come da definizione, ma soprattutto per creare le migliori condizioni possibili per lo sviluppo all’interno di un determinato territorio e momento storico, liberando nuove energie.
Gli sprechi, che purtroppo anche in Trentino esistono, vanno tagliati e dobbiamo puntare maggiormente su scelte strategiche per un rilancio di una produzione ad alto valore aggiunto.
Lo abbiamo proclamato tutti negli ultimi mesi, ed il disegno di legge sugli incentivi alle imprese è un primo segnale che va nella giusta direzione, ma dobbiamo proseguire con ancora maggiore determinazione sulla valorizzazione della capacità imprenditoriale e dell’attrattività del territorio, seguendo le vocazioni caratteristiche delle nostre valli.
In Trentino il settore industriale rappresenta il 18% ca. del PIL, al di sotto sia della media nazionale (20%) sia del nord est (25%). Il dato è inverso per il settore delle costruzioni (7% ca., contro il 5% nazionale e il 6% del nord est). Per questo è necessario proseguire con la politica industriale che porta in Valsugana 1 miliardo di investimenti da parte del gruppo Rolls Royce, grazie all’attrazione di una grossa azienda veneta che si trasferisce in Trentino per la produzione di componenti e motori di aerei. Una politica industriale che punta sull’innovazione, sullo sviluppo tecnologico.
Lo stesso approccio può essere rivolto alle politiche di promozione agricola. In Trentino il valore aggiunto del settore agricolo è il 3,5% ca. contro il 2,9% del nord est e il 2,7% italiano: siamo dunque già competitivi, capaci di reggere l’impatto della concorrenza, nonostante le difficoltà del settore vitivinicolo. Si tratta di proseguire su questa strada ottimizzando le spese e selezionando gli investimenti, e la legge provinciali approvata di recente su proposta del Partito Democratico sul riordino dei fondi rustici sarà molto importante da questo punto di vista.
Lavoriamo quindi perché la Politica sia sempre più lievito della crescita economica, dell’innovazione tecnologica e dello sviluppo, non solo “medicina” delle patologie congiunturali.
Possiamo già porci un obiettivo di medio periodo: oggi, all’interno della nostra provincia, ci sono 35mila imprese attive, circa 1 impresa ogni 14 cittadini residenti. In grandissima parte piccole e piccolissime imprese, ma che rappresentano unità di produzione di reddito, e ricchezza. Se lavoriamo per aumentare questo rapporto, favorendo la nascita di filiere e distretti, ed al contempo a contenere l’incidenza dei costi dell’apparato pubblico, oggi pari a circa il 46% del Pil, una percentuale appena superiore al dato nazionale, avremo fatto compiere un grande balzo in avanti all’intero Trentino.
Per riuscirci occorre sostenere il rafforzamento della cultura d’impresa, di quella propensione a mettersi in gioco che è sopita da molti anni di forte presenza pubblica.
Un altro importante obiettivo è rappresentato dalla ricerca. Il Trentino investe in questo settore l’8,2%, un dato più che raddoppiato rispetto al 2000. è però necessario riequilibrare il rapporto sull’investimento tra soggetti pubblici e privati, oggi troppo sbilanciato verso i primi. Gli obiettivi sulle quote di partecipazione alla spesa dei vari settori istituzionali stabiliti dal processo di Lisbona e confermati dalla strategia Europa 2020 non sono ancora raggiunti, ma i segnali forniti dai dati degli ultimi anni sembrano evidenziare buoni presupposti in tal senso.
La nostra Provincia ha fatto molto per questo settore ed il conseguente miglioramento di tutti gli indicatori rappresenta al meglio l’intento di fare della ricerca lo strumento chiave, sia per lo sviluppo a medio/lungo termine, sia per il potenziamento della competitività del nostro sistema economico. Anche in questo caso occorre ottimizzare le risorse, essere più selettivi, ed aumentare la competitività per far crescere di pari passo la produttività, stando attenti ai rami secchi con strutture costose e improduttive.
Ma ricerca significa anche Università. Il percorso di attuazione della delega in materia di Università, che saremo chiamati a compiere insieme al mondo accademico e alla comunità trentina nei prossimi anni, sarà decisivo. Il Pd ha già svolto un ruolo di mediazione importante, migliorando portato e contenuto della norma di attuazione, ed ora dobbiamo sfruttare tutte le potenzialità per rendere l’Università di Trento competitiva all’interno di una rete europea.
Sarà una sfida difficile, e sarà necessario che tutti gli attori – politica, mondo accademico, imprese e cittadini – lavorino nella stessa direzione, spinti da un comune destino.
Il PD riveste oggi un ruolo decisivo in tutto questo: le sfide che ci accingiamo ad affrontare saranno determinanti non solo per il ruolo del nostro partito ma per l’intera comunità trentina.
Elenco alcuni punti salienti in attesa di approfondirli – insieme ad altri – nel pomeriggio:
- la comunità di valle è una scommessa che non possiamo permetterci di perdere. Abbiamo la responsabilità di lavorare per renderle pienamente operative e farle diventare luogo centrale della vita delle nostre valli, valorizzando i comuni come luogo di partecipazione democratica e razionalizzando servizi mediante la pianificazione. Il percorso di trasferimento di competenze, risorse e personale è impegnativo, ma dobbiamo renderlo il più veloce possibile, per invertire il sentimento di sfiducia che innegabilmente esiste verso questo ente. Oggi forse è presto, ma tra non molto si dovrà intervenire per correggere alcune imperfezioni della legge in vigore;
- i nodi di viabilità e mobilità, sia interregionale che interna. Il tema del collegamento col Veneto è tornato alla ribalta, e dobbiamo affrontarlo con prontezza ma anche con estrema lucidità, senza subire i diktat veneti; fondamentale sarà anche la partita del rinnovo della concessione dell’A22, perché parliamo di miliardi di euro in gioco. Sul piano della mobilità interna il collegamento delle valli con la città è essenziale, ma sarà necessario fare in modo che non si creino le condizioni per un aumento del pendolarismo: va infatti rafforzata la presenza dei servizi sul territorio, anche attraverso il telelavoro;
- Regione e Terzo Statuto. L’Accordo di Milano ha segnato un momento di grande cambiamento per la nostra autonomia non solo dal punto di vista finanziario e stiamo definendo la costituzione del GECT, il Gruppo Europeo di collaborazione Transfrontaliera. Al contempo assistiamo all’inerzia dell’istituzione regionale, oggi non più in grado di rappresentare un vero raccordo tra l’autonomia trentina e quella sudtirolese. Nei prossimi anni saremo chiamati ad affrontare non soltanto con i proclami ma con una visione compiuta i rapporti verso nord, costruendo le condizioni per affrontare insieme il tema del Terzo Statuto;
- l’ambiente e il turismo, che non a caso metto insieme. Un ambiente integro significa una qualità della vita migliore, significa pensare al nostro presente e al futuro dei nostri figli, perché noi siamo parte dell’ambiente in cui viviamo. Ma significa anche un’immagine capace di richiamare milioni di persone in un territorio unico come il Trentino;
- la cultura, spesso considerata secondaria, è uno degli elementi che consentono a una comunità di non omologarsi e di essere “viva”. E della cultura fa parte la componente tradizionale trentina, che deve continuare a essere valorizzata a fondo. Ma deve anche essere in costante equilibrio con la componente più innovativa e di alta qualità, ed oggi tale equilibrio non sempre è presente.
L’elenco potrebbe continuare, ma tutti i temi riportano in evidenza lo stesso minimo comune denominatore: dobbiamo migliorare la qualità, puntare all’eccellenza, dimenticando l’assistenza, le posizioni consolidate, le rendite; rinnoviamo metodi e persone.
Investendo sul futuro e seminando oggi le novità che saranno strategicamente utili domani. In questa direzione si inserisce il ddl sulla formazione permanente al quale sta lavorando il gruppo consiliare del PD.
Sant’Agostino diceva che “la speranza ha due bei figli: la rabbia e il coraggio. La rabbia nel vedere le cose come sono, il coraggio di vedere le cose come dovrebbero e potrebbero andare”. Oggi non possiamo non indignarci di fronte alle difficoltà in cui vivono tante famiglie e persone, e dobbiamo impegnarci affinché la mobilità sociale sia la regola ed a tutti sia garantita la possibilità di lavorare per raggiungere i propri obiettivi e sogni, qualsiasi essi siano.
È notizia di questi giorni che, se il G8 dovesse essere convocato non più in base alla ricchezza prodotta ma al grado di benessere dei Paesi membri, l’Italia sarebbe tagliata fuori.
L’esclusivo club sarebbe composto da Australia, Canada, Svezia, Nuova Zelanda, Norvegia, Danimarca, Stati Uniti e Svizzera. Il nuovo indicatore per valutare il “Benessere interno lordo”, presentato di recente dall’Ocse, il BLI, è un’alternativa al vecchio e controverso PIL che, come diceva già Robert Kennedy, “misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. Per realizzare questo “Pil della felicità” sono stati scelti undici parametri, dalla casa al reddito, dalla salute all’ambiente. Non mancano criteri più personali come la vita comunitaria o il sentimento di insicurezza. Ebbene, su 34 paesi l’Italia arriva al ventiquattresimo posto, dopo la Repubblica Ceca e subito prima della Polonia e della Corea.
In Italia manca la partecipazione civile e c’è troppa sfiducia nelle istituzioni: possiamo dire che il ventennio berlusconiano sta lasciando un solco profondo, in termini di mutamento culturale e antropologico del Paese.
Per questo dobbiamo animare la speranza di rabbia e coraggio. Per questo oggi servono il realismo della ragione e l’ottimismo della volontà.Per questo oggi serve il coraggio dell’Autonomia.
Credo che la giornata di oggi dimostri inequivocabilmente come il PD abbia l’ambizione e le capacità per rivestire il ruolo di portavoce di questo coraggio per il bene nostro e di tutto il Trentino. In bocca al lupo a tutti e grazie
il fine di assemblee come quella di oggi è di affrontare i nodi che riguardano il Trentino e la nostra comunità.
Per farlo è necessario aprire al nostro interno un confronto serrato, critico, costruttivo ed onesto.
Ogni giorno ci investono le notizie più disparate: dai cambiamenti climatici ai terremoti, dalle aggressioni ai processi, dall’economia alla politica internazionale, per finire con le cronache della politica nazionale.
Se dovessimo provare a sintetizzare con alcune parole chiave lo stato d’animo di molte persone di fronte a un tale turbinio di informazione, potremmo parlare di confusione, spaesamento, insicurezza, sfiducia.
Ben pochi riescono a offrire punti di riferimento rassicuranti, e a livello politico la soluzione è spesso individuata nella chiusura, nel proliferare di un neolocalismo che erige muri e si sottrae al confronto. L’idea stessa di Europa oggi è messa in discussione da spinte centrifughe che ripropongono le contraddizioni dello Stato nazione nell’idea delle piccole patrie.
In Trentino ci troviamo ad affrontare questa situazione da una posizione privilegiata, perché il percorso compiuto negli ultimi decenni (ma potremo dire negli ultimi secoli) ha portato l’intera nostra comunità a vivere pienamente il concetto di autonomia.
Per questo ora ci troviamo davanti ad una sfida nuova, affascinante e difficile, in cui il Partito democratico del Trentino gioca un ruolo decisivo per la sua stessa natura.
La strada da percorrere è quella di risalire il crinale, in equilibrio tra la consapevolezza delle nostre radici, storia, e tradizioni, fatte di volontariato e cooperazione, di associazionismo e di comuni, e la spinta che ogni comunità viva deve avere verso il cambiamento, l’innovazione, la ricerca di nuove soluzioni.
Di conservazione, dell’idea che piccoli e soli possiamo farcela, il Trentino – come già ci metteva in guardia Bruno Kessler – oggi potrebbe morire.
La strada dell’innovazione rappresenta l’unica risposta possibile in un mondo in continua evoluzione e senza confini. Una innovazione però ancorata alle vocazioni e alla storia della nostra comunità.
Oggi il quadro Trentino, rispetto a quello di molte altre realtà, è positivo, largamente positivo. Ma questo stesso quadro non é statico bensì dinamico, come il contesto che ci circonda.
Anche la nostra comunità si trova quindi nel bel mezzo di un cambiamento e, come sempre avviene, un cambiamento può venire subìto od essere governato: nel primo caso la politica non é più in grado d’influire sulle scelte che assicurano qualità alle condizioni di vita dei cittadini che rappresenta. Purtroppo questo é avvenuto sin troppo spesso negli ultimi anni.
Nel secondo caso invece la politica assolve il compito che le é proprio e guida il cambiamento, rendendo i cittadini protagonisti e facendo in modo che possano ricevere il beneficio di quei progressi, in termini non solo economici ma anche culturali e sociali.
É a questo tipo di prospettiva che guarda in Trentino il Partito Democratico, per guidare un cambiamento capace sia di mantenere quel benessere che chi ci ha preceduto ha saputo costruire, sia di assicurare soddisfazione alle aspettative di coloro che oggi stanno entrando, o si accingono a farlo, nella vita lavorativa, culturale e sociale della nostra terra.
Il ruolo del Partito Democratico, e dei tanti amministratori cui i cittadini si sono rivolti con fiducia per guidare questa evoluzione, rendendo il PD il primo partito in Trentino, é proprio fare in modo che essi possano affrontare le nuove sfide del Terzo Millennio da protagonisti!
Certo, lo stiamo facendo con la fatica del confronto quotidiano, essendo parte di una coalizione, ma crediamo nella condivisione e nel confronto costante sulle nostre proposte.
É con questa attitudine trasparente al confronto – che pure non dovrebbe essere una novità in una nazione democratica – che dobbiamo acquisire ancora maggiore consapevolezza del nostro ruolo e della nostra visione, assumendoci pienamente la responsabilità del cambiamento.
Se oggi guardiamo al Trentino vediamo un territorio che resiste alla crisi, ma con qualche difficoltà. Nonostante l’imponente sforzo delle finanze pubbliche provinciali – 1.300.000 di euro, ha ricordato l’assessore Olivi, con un ricorso importante all’indebitamento, ha ricordato Michele Nicoletti – il PIL pro capite in Trentino nel 2009-2010 è regredito ai livelli del 2006 (ca. 28.900 euro), subendo una sostanziale flessione nel 2008 e 2009.
Siamo largamente sopra il dato medio nazionale e sostanzialmente in linea con il dato del nord est, ma inferiori a quello dell’Alto Adige.
Abbiamo in parte resistito all’onda lunga della crisi, ma non l’abbiamo attraversata indenni, e non è conclusa. Pensiamo alla diffusione della povertà. In base alle rilevazioni del Servizio Statistica della Provincia, la percentuale di famiglie povere, ossia quelle che possiedono un reddito disponibile inferiore alla metà di quello medio della popolazione italiana, è stabile dal 2004 al 2009, ma nel 2009 molti nuovi nuclei sono caduti sotto questa soglia, per un totale del 7%.
Si tratta di un dato sotto controllo ma significa che complessivamente, nel 2009 risultavano povere circa 43 mila persone, corrispondenti a più di 17 mila famiglie. Non dimentichiamo poi tutte quelle famiglie che, sebbene al di sopra di questa soglia, oggi faticano ad andare avanti.
Dobbiamo porci l’obiettivo di offrire a tutti condizioni di vita dignitose, e per questo occorre un programma di interventi che miri a restituire serenità a queste famiglie. Lo stesso potrebbe dirsi di molti altri aspetti del nostro pur efficace e ricco sistema di welfare. Possiamo fare molto per migliorare il sistema sanitario provinciale, il sistema dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, il sistema dell’assistenza alla genitorialità ed al benessere familiare. Ci sono ancora troppe situazioni di disagio sociale ed economico che non trovano risposta e che non possono attenderla per mesi.
Se allarghiamo il nostro sguardo al mondo del lavoro, vediamo come nel corso del 2010, l’occupazione media in provincia di Trento ha raggiunto le 229.500 unità, ma a fronte di una quasi stabilità del numero dei lavoratori rispetto al 2009, spicca la crescita della disoccupazione.
Oggi il mercato del lavoro non riesce a garantire soddisfazione a coloro che vi si affacciano per la prima volta.
Ed anche quando vi riesce spesso l’occupazione è caratterizzata da precarietà e non valorizza la qualificazione. Questo trend colpisce ancora più drammaticamente i giovani: le nuove generazioni sono alla ricerca di un futuro da costruire. Chiedono un aiuto, vogliono sperare. Sono dati di questi giorni: in Italia il 2010 ha aggiunto 182.000 nuovi disoccupati a quei 300.000 giovani tra i 18 ed i 29 anni che nel 2009 avevano perso il lavoro.
In termini relativi, il calo dell’occupazione giovanile è stato circa cinque volte più elevato di quello complessivo: nel 2010, è occupato circa un giovane ogni due nel Nord, meno di tre ogni dieci nel Mezzogiorno. Stiamo penalizzando lo sviluppo futuro del nostro Paese non andando incontro alle aspirazioni dei giovani che costituiscono il nostro presente. In Trentino potremo e dovremo lavorare a fondo, anche utilizzando la delega in materia di ammortizzatori sociali.
Certamente, la ragione per cui si rallentano le politiche di miglioramento sociale è sempre la stessa: mancano investimenti perché sono calate le risorse.
Troppo frequentemente sento dire, non senza un fondo di verità: “son finiti i tempi delle vacche grasse”. Ma questo tipo di rassegnazione non è accettabile: se le risorse vecchie sono finite o quasi, dobbiamo fare in modo di trovarne e svilupparne di nuove!
Dobbiamo lavorare perché cresca la ricchezza prodotta, così che assieme ad essa possa crescere il gettito a disposizione dell’Autonomia.
Al contempo dobbiamo mettere al centro quello slogan che abbiamo suggerito in sede di discussione dell’ultima finanziaria provinciale: “fare meglio con meno”, che significa che la spesa pubblica, ossia le risorse dei cittadini di cui dispone la pubblica amministrazione, vanno investiti con oculatezza, valutando con attenzione costi e benefici degli interventi, valutando gli effetti degli incentivi elargiti, pronti a raddrizzare il tiro se necessario.
Attraverso una ottimizzazione delle risorse attuali si possono trovare ulteriori risorse per migliorare il benessere economico e sociale delle famiglie! Lo abbiamo più volte detto ed è nostro dovere interrogarci sulla necessaria linea di politica economica. Io credo che si possa sicuramente “fare meglio con meno”, a condizione di essere più selettivi.
In economia la selezione, è necessaria non solo in termini di gestione delle risorse scarse, come da definizione, ma soprattutto per creare le migliori condizioni possibili per lo sviluppo all’interno di un determinato territorio e momento storico, liberando nuove energie.
Gli sprechi, che purtroppo anche in Trentino esistono, vanno tagliati e dobbiamo puntare maggiormente su scelte strategiche per un rilancio di una produzione ad alto valore aggiunto.
Lo abbiamo proclamato tutti negli ultimi mesi, ed il disegno di legge sugli incentivi alle imprese è un primo segnale che va nella giusta direzione, ma dobbiamo proseguire con ancora maggiore determinazione sulla valorizzazione della capacità imprenditoriale e dell’attrattività del territorio, seguendo le vocazioni caratteristiche delle nostre valli.
In Trentino il settore industriale rappresenta il 18% ca. del PIL, al di sotto sia della media nazionale (20%) sia del nord est (25%). Il dato è inverso per il settore delle costruzioni (7% ca., contro il 5% nazionale e il 6% del nord est). Per questo è necessario proseguire con la politica industriale che porta in Valsugana 1 miliardo di investimenti da parte del gruppo Rolls Royce, grazie all’attrazione di una grossa azienda veneta che si trasferisce in Trentino per la produzione di componenti e motori di aerei. Una politica industriale che punta sull’innovazione, sullo sviluppo tecnologico.
Lo stesso approccio può essere rivolto alle politiche di promozione agricola. In Trentino il valore aggiunto del settore agricolo è il 3,5% ca. contro il 2,9% del nord est e il 2,7% italiano: siamo dunque già competitivi, capaci di reggere l’impatto della concorrenza, nonostante le difficoltà del settore vitivinicolo. Si tratta di proseguire su questa strada ottimizzando le spese e selezionando gli investimenti, e la legge provinciali approvata di recente su proposta del Partito Democratico sul riordino dei fondi rustici sarà molto importante da questo punto di vista.
Lavoriamo quindi perché la Politica sia sempre più lievito della crescita economica, dell’innovazione tecnologica e dello sviluppo, non solo “medicina” delle patologie congiunturali.
Possiamo già porci un obiettivo di medio periodo: oggi, all’interno della nostra provincia, ci sono 35mila imprese attive, circa 1 impresa ogni 14 cittadini residenti. In grandissima parte piccole e piccolissime imprese, ma che rappresentano unità di produzione di reddito, e ricchezza. Se lavoriamo per aumentare questo rapporto, favorendo la nascita di filiere e distretti, ed al contempo a contenere l’incidenza dei costi dell’apparato pubblico, oggi pari a circa il 46% del Pil, una percentuale appena superiore al dato nazionale, avremo fatto compiere un grande balzo in avanti all’intero Trentino.
Per riuscirci occorre sostenere il rafforzamento della cultura d’impresa, di quella propensione a mettersi in gioco che è sopita da molti anni di forte presenza pubblica.
Un altro importante obiettivo è rappresentato dalla ricerca. Il Trentino investe in questo settore l’8,2%, un dato più che raddoppiato rispetto al 2000. è però necessario riequilibrare il rapporto sull’investimento tra soggetti pubblici e privati, oggi troppo sbilanciato verso i primi. Gli obiettivi sulle quote di partecipazione alla spesa dei vari settori istituzionali stabiliti dal processo di Lisbona e confermati dalla strategia Europa 2020 non sono ancora raggiunti, ma i segnali forniti dai dati degli ultimi anni sembrano evidenziare buoni presupposti in tal senso.
La nostra Provincia ha fatto molto per questo settore ed il conseguente miglioramento di tutti gli indicatori rappresenta al meglio l’intento di fare della ricerca lo strumento chiave, sia per lo sviluppo a medio/lungo termine, sia per il potenziamento della competitività del nostro sistema economico. Anche in questo caso occorre ottimizzare le risorse, essere più selettivi, ed aumentare la competitività per far crescere di pari passo la produttività, stando attenti ai rami secchi con strutture costose e improduttive.
Ma ricerca significa anche Università. Il percorso di attuazione della delega in materia di Università, che saremo chiamati a compiere insieme al mondo accademico e alla comunità trentina nei prossimi anni, sarà decisivo. Il Pd ha già svolto un ruolo di mediazione importante, migliorando portato e contenuto della norma di attuazione, ed ora dobbiamo sfruttare tutte le potenzialità per rendere l’Università di Trento competitiva all’interno di una rete europea.
Sarà una sfida difficile, e sarà necessario che tutti gli attori – politica, mondo accademico, imprese e cittadini – lavorino nella stessa direzione, spinti da un comune destino.
Il PD riveste oggi un ruolo decisivo in tutto questo: le sfide che ci accingiamo ad affrontare saranno determinanti non solo per il ruolo del nostro partito ma per l’intera comunità trentina.
Elenco alcuni punti salienti in attesa di approfondirli – insieme ad altri – nel pomeriggio:
- la comunità di valle è una scommessa che non possiamo permetterci di perdere. Abbiamo la responsabilità di lavorare per renderle pienamente operative e farle diventare luogo centrale della vita delle nostre valli, valorizzando i comuni come luogo di partecipazione democratica e razionalizzando servizi mediante la pianificazione. Il percorso di trasferimento di competenze, risorse e personale è impegnativo, ma dobbiamo renderlo il più veloce possibile, per invertire il sentimento di sfiducia che innegabilmente esiste verso questo ente. Oggi forse è presto, ma tra non molto si dovrà intervenire per correggere alcune imperfezioni della legge in vigore;
- i nodi di viabilità e mobilità, sia interregionale che interna. Il tema del collegamento col Veneto è tornato alla ribalta, e dobbiamo affrontarlo con prontezza ma anche con estrema lucidità, senza subire i diktat veneti; fondamentale sarà anche la partita del rinnovo della concessione dell’A22, perché parliamo di miliardi di euro in gioco. Sul piano della mobilità interna il collegamento delle valli con la città è essenziale, ma sarà necessario fare in modo che non si creino le condizioni per un aumento del pendolarismo: va infatti rafforzata la presenza dei servizi sul territorio, anche attraverso il telelavoro;
- Regione e Terzo Statuto. L’Accordo di Milano ha segnato un momento di grande cambiamento per la nostra autonomia non solo dal punto di vista finanziario e stiamo definendo la costituzione del GECT, il Gruppo Europeo di collaborazione Transfrontaliera. Al contempo assistiamo all’inerzia dell’istituzione regionale, oggi non più in grado di rappresentare un vero raccordo tra l’autonomia trentina e quella sudtirolese. Nei prossimi anni saremo chiamati ad affrontare non soltanto con i proclami ma con una visione compiuta i rapporti verso nord, costruendo le condizioni per affrontare insieme il tema del Terzo Statuto;
- l’ambiente e il turismo, che non a caso metto insieme. Un ambiente integro significa una qualità della vita migliore, significa pensare al nostro presente e al futuro dei nostri figli, perché noi siamo parte dell’ambiente in cui viviamo. Ma significa anche un’immagine capace di richiamare milioni di persone in un territorio unico come il Trentino;
- la cultura, spesso considerata secondaria, è uno degli elementi che consentono a una comunità di non omologarsi e di essere “viva”. E della cultura fa parte la componente tradizionale trentina, che deve continuare a essere valorizzata a fondo. Ma deve anche essere in costante equilibrio con la componente più innovativa e di alta qualità, ed oggi tale equilibrio non sempre è presente.
L’elenco potrebbe continuare, ma tutti i temi riportano in evidenza lo stesso minimo comune denominatore: dobbiamo migliorare la qualità, puntare all’eccellenza, dimenticando l’assistenza, le posizioni consolidate, le rendite; rinnoviamo metodi e persone.
Investendo sul futuro e seminando oggi le novità che saranno strategicamente utili domani. In questa direzione si inserisce il ddl sulla formazione permanente al quale sta lavorando il gruppo consiliare del PD.
Sant’Agostino diceva che “la speranza ha due bei figli: la rabbia e il coraggio. La rabbia nel vedere le cose come sono, il coraggio di vedere le cose come dovrebbero e potrebbero andare”. Oggi non possiamo non indignarci di fronte alle difficoltà in cui vivono tante famiglie e persone, e dobbiamo impegnarci affinché la mobilità sociale sia la regola ed a tutti sia garantita la possibilità di lavorare per raggiungere i propri obiettivi e sogni, qualsiasi essi siano.
È notizia di questi giorni che, se il G8 dovesse essere convocato non più in base alla ricchezza prodotta ma al grado di benessere dei Paesi membri, l’Italia sarebbe tagliata fuori.
L’esclusivo club sarebbe composto da Australia, Canada, Svezia, Nuova Zelanda, Norvegia, Danimarca, Stati Uniti e Svizzera. Il nuovo indicatore per valutare il “Benessere interno lordo”, presentato di recente dall’Ocse, il BLI, è un’alternativa al vecchio e controverso PIL che, come diceva già Robert Kennedy, “misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. Per realizzare questo “Pil della felicità” sono stati scelti undici parametri, dalla casa al reddito, dalla salute all’ambiente. Non mancano criteri più personali come la vita comunitaria o il sentimento di insicurezza. Ebbene, su 34 paesi l’Italia arriva al ventiquattresimo posto, dopo la Repubblica Ceca e subito prima della Polonia e della Corea.
In Italia manca la partecipazione civile e c’è troppa sfiducia nelle istituzioni: possiamo dire che il ventennio berlusconiano sta lasciando un solco profondo, in termini di mutamento culturale e antropologico del Paese.
Per questo dobbiamo animare la speranza di rabbia e coraggio. Per questo oggi servono il realismo della ragione e l’ottimismo della volontà.Per questo oggi serve il coraggio dell’Autonomia.
Credo che la giornata di oggi dimostri inequivocabilmente come il PD abbia l’ambizione e le capacità per rivestire il ruolo di portavoce di questo coraggio per il bene nostro e di tutto il Trentino. In bocca al lupo a tutti e grazie