Arendt
L’emotion che meglio rappresenta generalmente il mio stato d’animo quando interviene con le sue perle la capogruppo della Lega in consiglio provinciale Dalzocchio, è quella con il viso tra le mani, in segno di sconforto..
Oggi non si è smentita, diffondendo un comunicato stampa di commento ad un mio post sul tema del coprifuoco per bar e ristoranti.
Tralascio la parte di merito, dove semplicemente non ha capito di cosa parlavo; ormai non rispondo nemmeno più in questi casi.
Mi soffermo invece sulla sua riflessione finale. Fugatti sostiene di voler tenere aperto fino alle 23 i bar, “pur sapendo che perderò il ricorso che farà lo Stato”.
Nel mio post ho sostenuto che questo è un “sistema di procedere molto discutibile. Le forzature giuridiche come meri atti simbolici forse varrebbe la pena farle su questioni davvero di fondo. Altrimenti si espone l‘autonomia trentina ad una perdita di credibilità istituzionale solo per una battaglia politica. Perché il ricorso non lo perderebbe lui ma la Provincia autonoma di Trento”.
Ecco, a questa considerazione la consigliera leghista risponde dicendo:
“Sul discorso affermato da Zeni riguardo a una possibile perdita di credibilità nazionale a seguito di eventuali ricorsi, ho delle perplessità sulle sue motivazioni: si deve per forza accettare qualsiasi ordine anche se questo appare insensato? Esempi storici di persone che hanno giustificato il loro operato con la frase “eseguivo gli ordini” ne abbiamo a bizzeffe e pare proprio che le lezioni del passato vengano da qualcuno ignorate.”
Cioè ha paragonato i rapporti istituzionali sulle competenze tra Stato e Regioni ad una delle più grandi questioni della riflessione filosofica prima ancora che giuridica, sin dai tempi di Antigone.
Ho provato a rileggere Hannah Arendt, una delle più grandi pensatrici del novecento, che dal processo ad Eichmann ha tratto riflessioni che dovrebbero essere materia di studio obbligatoria in ogni scuola, prima ancora che in ogni organo parlamentare, qual è il Consiglio Provinciale, per verificare se la consigliera leghista paladina della libertà avesse colto qualcosa che mi è sfuggito negli studi passati.
Rimango piuttosto certo che il paragone tra Fugatti che si ribella ad ordini ingiusti per un’ora in più di apertura dei bar e Adolf Eichmann che eseguiva colpevolmente ordini senza ribellarsi, non c’entri una benemerita mazza, e sia anzi particolarmente offensivo e indecoroso.