Il prolungarsi del lockdown sta portando ad una riduzione dei contagi, ma evidenzia l’inizio di una recessione che avrà effetti devastanti sul nostro sistema socioeconomico. Tutto il mondo è colpito dall’epidemia e ne subirà gli effetti, ma emergono differenze profonde nella capacità di adattamento e risposta dei diversi governi; emergono leadership capaci di gestire l’emergenza, altre che manifestano limiti evidenti.
A livello internazionale gli Stati Uniti pagheranno un prezzo molto alto all’incedere confuso del Presidente Trump, mentre gli esempi virtuosi di Paesi come Israele, Corea del Sud, ma anche Germania, mostrano come sia possibile gestire in maniera efficace la crisi.
L’Italia è tra i Paesi più colpiti, e tra le regioni italiane il Trentino è uno dei territori con la maggiore incidenza di contagi e di decessi nelle case di riposo rispetto al numero di abitanti
L’analisi della gestione della crisi e la comparazione tra le diverse regioni evidenziano un incedere confuso del governo provinciale:
- dal punto di vista sanitario, ci si è concentrati sull’aumento di posti letto in terapia intensiva, ma si è sbagliata all’inizio la strategia sul territorio. Soltanto l’insistenza dei tanti attori del sistema sanitario ha indotto la giunta provinciale ad implementare il numero dei tamponi (ancora insufficienti), in modo da individuare tempestivamente i contagiati, sia tra il personale sanitario (primo veicolo potenziale di trasmissione) che al domicilio delle persone. Questa tempestività è quella che ha consentito altrove di contenere il contagio, mentre in Trentino è mancata. Ed ora arranchiamo per recuperare.
Sarà essenziale nelle prossime settimane sia colmare questo gap, sia riprendere l’attività sanitaria sospesa, quantomeno per gli interventi più urgenti: pensiamo ai pazienti oncologici in attesa di intervento, che pongono un problema etico enorme; pensiamo all’aumento dei traumi prevedibile con la ripresa delle attività economiche;
- dal punto di vista economico, serve una strategia chiara, una prospettiva. In questo momento la Provincia “attende di capire quante risorse riuscirà a concordare con lo Stato”, ed ha nominato una commissione di esperti chiedendo idee per il futuro. Non basta. Le risorse a disposizione sono essenziali, certo, ma non sono il punto di partenza: prima si deve avere una linea chiara da seguire, e poi si adatterà in base alle risorse a disposizione; il percorso inverso sarebbe sicuramente inefficace. Nominare commissioni di esperti può essere utile, ma a condizione che la politica fornisca un mandato chiaro, sulla base di una linea strategica, altrimenti diventa solo un momento di raccolta di idee, e sarebbe un peccato sprecare competenze preziose.
Dobbiamo muoverci su due fronti.
Il primo è quello di garantire “continuità esistenziale”, cioè tutelare le tante persone in difficoltà a causa del calo o della perdita del lavoro: tutela dell’occupazione e del lavoro, sostegno immediato a chi non ce la fa. Il secondo è prendere atto che l’economia trentina faticava anche prima della crisi, e quindi pensare di tamponare la situazione immettendo risorse a pioggia nel sistema sperando di ripartire come prima sarebbe un errore strategico. La crisi ci impone la necessità del cambiamento, concentrando i maggiori sostegni ed incentivi su settori che possono essere strategici per il Trentino, stimolando in tal modo processi di trasformazione economica. Ma per farlo occorrono coraggio e capacità di condivisione, per un grande patto con la comunità trentina. Noi siamo a disposizione, ma deve esserlo anche la giunta provinciale, che deve “sentire” la centralità dell’essere istituzione prima che l’appartenenza al partito di Salvini.
Da come il Trentino affronterà i prossimi mesi dipenderà la tenuta socioeconomica della nostra comunità e la legittimazione dell’autonomia speciale.
Grazie per l’attenzione
Luca Zeni
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