Depositato il disegno di legge sulla modifica della legge provinciale che disciplina il referendum. Riporto il testo e la relazione.

 

Relazione accompagnatoria  

I referendum e le leggi di iniziativa popolare sono strumenti della democrazia diretta.
Importantissimi, quindi, per quella visione di potere partecipato, diffuso, equilibrato, controllato, efficiente che ispira la nostra concezione della democrazia e dell’autonomia.
Lo Statuto apre alla Provincia l’opportunità di utilizzare ampiamente lo strumento referendario prevedendone tre tipi: abrogativo, consultivo, propositivo. 
La legge provinciale 5 marzo 2003, n. 3 definisce nel dettaglio le procedure referendarie e quelle relative alle leggi di iniziativa popolare.
Un elemento da sempre critico nella disciplina referendaria è quello relativo al quorum di partecipanti al voto richiesto per la validità del referendum stesso. La legge provinciale stabilisce che perché un referendum sia valido è necessario che partecipino al voto la maggioranza degli aventi diritto. Si tratta di un quorum molto alto che l’esperienza sia provinciale che nazionale, anche per i referendum abrogativi di leggi dello stato è richiesta la maggioranza degli aventi diritto al voto, ha dimostrato essere difficilmente raggiungibile.
Più che altro, la necessità di raggiungere il quorum di votanti si è rivelata essere uno straordinario strumento in mano agli oppositori dei quesiti referendari che si ritrovano con il notevole vantaggio di poter sommare alle proprie forze il consistente numero di cittadini che, per i motivi più vari, non partecipano al voto.

Non è però ovunque così. Non è previsto alcun quorum per i referendum in  Svizzera, dove l’uso dello strumento referendario è frequente ed efficace, in Irlanda, Spagna, Regno Unito, Francia e in diversi Stati degli USA (California, Oregon etc).
In altri paesi europei è previsto un quorum inferiore alla maggioranza degli elettori: in Danimarca è richiesto il 40 per cento, in Ungheria il 25. 

L’istituto del quorum per la validità del referendum abrogativo si fonda su questo ragionamento: dal momento che gli elettori eleggono l’organo legislativo, le sue decisioni vanno intese come espressione indiretta della maggioranza degli elettori, per questo è ritenuto necessario che per la loro abrogazione si esprima almeno la maggioranza degli elettori. 
In realtà nelle democrazie moderne esiste una percentuale di cittadini, storicamente in crescita, che non partecipa alle votazioni, o che partecipa solo ad alcune votazioni in base a valutazioni personali. Dire quindi che gli organi legislativi rappresentano tutti i cittadini è una finzione, utile naturalmente per far funzionare le democrazie, ma distorsiva se utilizzata per giustificare la blindatura degli atti legislativi attraverso la previsione di quorum maggioritari per la loro abrogazione.
Il presente disegno di legge si propone di affrontare proprio questo elemento distorsivo considerando gli organi legislativi rappresentativi di tutti i cittadini solo fino al momento in cui i loro atti legislativi non sono “contestati” da una parte significativa di elettori che ne chiedono l’abrogazione. In questo caso pare corretto che per la validità del referendum non si debba chiedere la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto al voto, ma piuttosto della maggioranza dei cittadini che si sono espressi per nominare l’organo legislativo il cui atto viene contestato.
Analogo ragionamento va fatto per le leggi di iniziativa popolare in quanto pare assurdo pretendere che tali leggi, per la loro validità, debbano raccogliere un numero di elettori favorevole maggiore di quello rappresentato dalla maggioranza all’interno degli organi legislativi.
Questa maggioranza, che normalmente fa le leggi, rappresenta numericamente solo la maggioranza di coloro che si sono recati al voto, non la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto.
Per chiarire, nelle ultime elezioni provinciali si sono recati al voto il 73,13% degli aventi diritto al voto. Assurdo pretendere che il 26,87 per cento degli elettori che non si sono espressi per scegliere l’organo legislativo diventino determinanti per abrogare una norma approvata dal Consiglio o per approvare un disegno di legge di iniziativa popolare. È più logico accettare che entrambi gli istituti siano validi quando raccolgono l’espressione di almeno la metà di chi ha effettivamente contribuito ad eleggere l’organo deputato a legiferare.
Questo non significa togliere il diritto di esprimersi liberamente a chi non è andato a votare per l’organo legislativo, ma piuttosto riconoscere all’astensione il valore politico suo proprio, sfrondandola di significati impropri come potrebbero essere la contrarietà ad un quesito referendario o ad una proposta di legge popolare.

L’articolato Il disegno di legge si compone di 5 articoli modificativi della legge provinciale 5 marzo 2003, n. 3 Disposizioni in materia di referendum propositivo, referendum consultivo, referendum abrogativo e iniziativa popolare delle leggi provinciali.
Il primo articolo modifica l’articolo 4 Validità del referendum propositivo. Nel disegno di legge si propone, secondo la logica illustrata sopra, che per la validità del referendum non sia più necessaria la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto al voto, ma che sia sufficiente la maggioranza della media degli elettori che si sono espressi per le elezioni provinciali nell’ultimo quinquennio precedente alla raccolta delle firme. La scelta della media delle ultime elezioni provinciali tenutesi nel quinquennio precedente poggia sulla volontà di tenere conto non di un solo evento elettorale relativo al Consiglio provinciale, ma di tutti quelli avvenuti nell’ultimo quinquennio. È chiaro che normalmente si vota ogni cinque anni, ma può darsi il caso di legislazioni interrotte prima del termine naturale e quindi di elezioni più frequenti. In tal caso la previsione inserita nel disegno di legge troverà applicazione concreta.
L’articolo 2, modificativo dell’articolo 10 della legge provinciale sui referendum, interviene su un aspetto tecnico relativo alla verifica della percentuale di elettori necessari per la validità del referendum. Tale verifica è demandata alla commissione per il referendum prevista dall’articolo 6 della legge provinciale, i cui compiti sono appunto definiti nell’articolo 10 della legge provinciale.
L’articolo 3, modificativo dell’articolo 18 della legge provinciale, estende la possibilità di indire referendum anche sulle leggi elettorali purché gli interventi abrogativi su tali leggi non comportino l’impossibilità di eleggere o nominare organi previsti dal primo comma dell’articolo 47 dello Statuto di autonomia, ovvero il Consiglio provinciale, la Giunta provinciale e il Presidente della Provincia.
L’articolo 4, modificativo dell’articolo 19 della legge provinciale, come l’articolo 2 interviene su un aspetto tecnico legato al nuovo quorum previsto per la validità dei referendum e delle leggi di iniziativa popolare. Il Presidente della Provincia promulga la legge di iniziativa popolare quando, analogamente a quanto avviene per i referendum,  il numero dei votanti raggiunge almeno la metà del numero medio di votanti nelle elezioni provinciali del quinquennio precedente alla raccolta delle firme  prevista per richiedere la votazione sul progetto di legge di iniziativa popolare.
L’articolo 5, modificativo dell’articolo 21 della legge provinciale, risolve una questione interpretativa ed applicativa della legge rendendo più chiaro ed univoco il termine di riferimento per l’ammissibilità della presentazione di richieste di referendum. Il termine indicato nella legge, la data di convocazione dei comizi elettorali, poteva essere interpretato in maniera non univoca, cosa che non può verificarsi per la data dell’elezione del Consiglio provinciale.

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