Alcune settimane fa ho partecipato ad un incontro di presentazione di un libro – È già sera. Tutto é finito – un romanzo storico che dal ’68 arriva alle stragi del ’92-93. Nel corso della presentazione gli autori hanno fatto ascoltare alcune interviste fatte ai passanti. Moltissimi, soprattutto i giovani, quelli che ignoravano cosa fosse accaduto in quegli anni, addirittura i nomi di Falcone e Borsellino.
Ancora non si é fatta luce su quelle stragi, e quanto sembra oggi emergere su una trattativa tra Stato e mafia – perché “con la mafia bisogna convivere”, come disse un ex ministro dello Stato – é inquietante e indigna tutti coloro che credono nella legalitá. Del resto è cosa nota che quando le indagini passano ai cosiddetti “colletti bianchi”, agli esponenti politici, diventa molto più difficile accertare la verità.
Assistere all’indifferenza che ha accompagnato il ricordo di Paolo Borsellino a Palermo fa male, forse ancora di più della profanazione della statua che ricorda quegli eroi.
Le celebrazioni e le ricorrenze non sono riti inutili, ma un dovere per mantenere viva la memoria, per cercare di evitare che l’oblio porti con sé anche i principi per i quali quelle persone sono morte.
Il 19 luglio é una data da ricordare anche per un’altra tragedia, che ha colpito il cuore del Trentino e ne ha profondamente cambiato la storia.
Sono passati 25 anni dal cedimento degli argini dei bacini di decantazione della miniera di Prestavel, sopra la frazione di Stava, con 160.000 metri cubi di fango che spazzarono via una comunità: 28 bambini con meno di 10 anni, 31 ragazzi con meno di 18 anni, 89 uomini e 120 donne.
La sentenza di condanna per i responsabili della costruzione e gestione del bacino e del Distretto minerario della Provincia di Trento che omisero i controlli, ci dice che
« Se a suo tempo fosse stata spesa una somma di denaro e una fatica pari anche soltanto ad un decimo di quanto si è profuso negli accertamenti peritali successivi al fatto, probabilmente … il crollo di quasi 170 mila metri cubi di fanghi semifluidi non si sarebbe mai avverato »
« Tutto l’impianto di decantazione costituiva una continua minaccia incombente sulla vallata. L’impianto è crollato essenzialmente perché progettato, costruito, gestito in modo da non offrire quei margini di sicurezza che la società civile si attende da opere che possono mettere a repentaglio l’esistenza di intere comunità umane. L’argine superiore in particolare non poteva che crollare alla minima modifica delle sue precarie condizioni di equilibrio. »Da allora la consapevolezza che occorre rigore nel controllo del territorio è divenuta patrimonio culturale della nostra comunità, e occorre impegnarsi perché l’incuria dell’uomo non provochi altre tragedie come quella.
Spesso la politica viene attaccata e criticata, ed è difficile non condividere il sentimento di delusione quando si assistono ai teatrini della politica romana.
Ma una politica onesta e capace di cercare soluzioni ai problemi è possibile, soprattutto quando il controllo e il contributo dei cittadini è vicino; è dalle comunità locali, comuni e province, che si può ricostruire quello spirito di comunità che tiene in piedi un sistema e crea gli anticorpi per illegalità e incuria.