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Dopo circa 25 ore di confronto, il consiglio provinciale ha approvato la legge anticrisi con sostegni a famiglie e imprese.

Un lavoro che ha visto l’impegno di tante persone e lo sforzo autentico per trovare delle soluzioni positive per la comunità trentina da parte di tutte le forze politiche. Le opposizioni hanno voluto collaborare sin da subito sia agevolando procedure urgenti di approvazione, sia con contributi importanti in particolare sui temi dei sostegni alle famiglie e ai rapporti con il governo nazionale. Personalmente ho lavorato molto su una serie di proposte volte a migliorare alcuni limiti del testo, declinate in circa 30 emendamenti e 2 ordini del giorno su rilancio del sistema economico e semplificazione.

Purtroppo non ho trovato disponibilità al dialogo rispetto a queste proposte.

Nel corso della discussione sono entrato nel merito di un articolato che mantiene numerosi limiti, accanto ad una serie di misure positive, e per questo ho scelto di astenermi rispetto ad una proposta che poteva e doveva essere più completa, anche se ho compreso il faticoso atto di fiducia miei colleghi di opposizione che hanno scelto di votare a favore del provvedimento, come segnale di positivitá.

Ma di cosa abbiamo parlato in queste 25 ore?

La relazione del Presidente Fugatti è partita dall’evento epocale che è la crisi dovuta al virus Covid-19, e lo ha paragonato per gli effetti a quelli della seconda guerra mondiale. Un paragone che possiamo accettare, ma che porta a ricordare che da quella guerra non tutti uscirono allo stesso modo. A seconda della condotta e della strategia c’è chi è uscito male (perché nessuno esce senza danni da una guerra), chi devastato. Ed anche oggi è in corso un riequilibrio dei rapporti tra potenze, pensiamo alla tensione tra USA e Cina, o alla posizione dell’Europa.

Quindi se è vero che l’argomentazione della eccezionalità della crisi impedisce di avere critiche assolute, perché nessuno avrebbe saputo impedire l’epidemia, ciò non toglie la possibilità di critica, per evidenziare errori e strade di miglioramento, soprattutto attraverso il paragone con i territori che hanno saputo individuare le migliori strategia, sia in ambito sanitario che socioeconomico.

Questo al fine di contribuire ad individuare meglio la navigazione che ci attende.  Potremmo utilizzare proprio una metafora marittima: siamo tutti sulla stessa nave, e quindi è interesse comune non andare a sbattere contro gli iceberg. Per questo le osservazioni che vengono poste come forze di opposizioni non vanno vissute con fastidio da chi naviga, ma come indicazioni, come occhi in più che possono indicare alcuni iceberg sul percorso.

Veniamo alla relazione del Presidente Fugatti. Nella prima parte, a differenza che in altre occasioni, quando avevamo imputato l’assenza di una qualsiasi indicazione di visione, ha provato ad alzare il livello, ad indicare alcuni obiettivi di più lungo respiro, utilizzando alcuni termini come sviluppo sostenibile, coinvolgimento delle forze private, futuro che deve essere pensato sin da ora. Ed ha citato la relazione del gruppo di esperti incaricato dalla giunta di fornire un’analisi e delle proposte rispetto alla crisi economica.

Tuttavia questo tentativo di fornire una visione è rimasto in bozza. Il coinvolgimento degli esperti rischia di essere un’occasione sprecata, perché agli esperti deve essere fornito un mandato chiaro, con obiettivi e indirizzo delineati, altrimenti si ottengono principi condivisibili ma generici, e scenari molto diversi che pongono un ventaglio di ipotesi dispersive.  Se si vuole fornire una visione occorre entrare nel merito del “come”, e rispondere in maniera precisa alla domanda: “quale Trentino immaginiamo tra 3 anni?”. Un Trentino come quello pre crisi, solo più lento? O pensiamo che alcuni settori che già faticavano saranno sostituiti da altri? Quali? In che modo?

Per farlo occorre scegliere su quale scenario puntare tra i 4 indicati dal gruppo di lavoro degli esperti. Ad esempio se sul turismo si decide di investire ingenti risorse per trasformare gli alberghi e puntare su luoghi secondari, convinti che le persone rifuggiranno i luoghi affollati, significherebbe una scelta netta, chiara, sugli scenari peggiori, con un’epidemia con la quale dovremo convivere anni. Ma se così non fosse, la scelta sarebbe un grave errore, perché significherebbe sprecare risorse che non porteranno benefici.

Ecco, limitarsi a proiettare il presente presentandolo come futuro, non è né ottimista né pessimista, semplicemente significherebbe compiere un errore e dimostrare inadeguatezza al ruolo di decisore politico.

Nel merito, il problema è che il testo, gli articoli del disegno di legge, è timido rispetto ad obiettivi cosi importanti.

Dal punto di vista finanziario, il rapporto tra Provincia e governo occorre un approccio serio, perché non sono gli slogan contro Roma, la rivendicazione che “sono soldi nostri e tanto i conti dello Stato sono saltati, quindi lasciateceli”, a risolvere la questione. Occorre una grande capacità argomentativa dal punto di vista tecnico, mostrare con i numeri quanto lo Stato può aumentare in termini di flessibilità e quanto invece le autonomie speciali siano dentro quadri più rigidi; l’autorevolezza si guadagna con le idee, con le proposte, con un metodo pattizio importante soprattutto in un momento di emergenza. Anche perché è bene ricordare che in tutti gli ordinamenti statali, e così anche nel nostro Paese, nei momenti di emergenza la giurisprudenza costituzionale è sempre orientata a far prevalere l’interesse nazionale generale rispetto a conflitti di competenze con le regioni.

Rispetto alle proposte sul sostegno all’economia, la parte su cui si concentra maggiormente il disegno di legge riguarda misure di emergenza, come in altri territori, volte a dare liquidità, sia con contribuzioni, sia con mutui, sia con il rinvio del pagamento di alcune imposte. A tal proposito segnaliamo le misure adottate in Provincia di Bolzano per le piccole imprese e per i liberi professionisti (spesso dimenticati), con sostegni immediati.

Nel ddl ci si richiama spesso al tema della semplificazione. Occorre però ricordare che le deroghe, di cui il ddl è ricco, non sono semplificazione, ed anzi spesso rischiano di scaricare responsabilità sul cittadino e di eludere alcuni interessi collettivi. Semplificare significa invece intervenire su procedimenti e processi, in modo che il cittadino non debba sobbarcarsi oneri inutili e costosi.

Segnalo alcuni temi su cui sono intervenuto con una serie di emendamenti:

- nella definizione dei criteri, orientare i contributi in modo da favorire le trasformazioni dei settori in difficoltà, puntando su aree che possono essere strategiche per il Trentino

- rispetto alla proposta di una “Amazon trentina”, evidenzio l’assoluta insostenibilità della proposta. O si immagina un sito dove far incontrare domanda e offerta, e allora sarebbe una cosa non certo nuova, che non fa danni, ma per la quale lo stanziamento di 1 milione di euro sarebbe assolutamente spropositato. O parliamo di una piattaforma commerciale, ma allora significherebbe gestione degli ordini automatizzata, sistemi di pagamento centralizzato, gestione e programmazione logistica, magazzini automatizzati, distribuzione e sistema di consegne.. un vero e proprio mercato elettronico, con costi di gestione molto alti. La domanda è: qual’è l’obiettivo? Se è promuovere i prodotti locali per i trentini, allora il tema è la comunicazione, e non serve una piattaforma di questo tipo. Che nascono per un obiettivo opposto, cioè raggiungere mercati lontani, ma per essere sostenibile serve una massa critica molto elevata di scambi e competitività del prodotto. Molto meglio avvalersi delle strutture esistenti sul mercato.

- cultura, per sostenere un settore fortemente in difficoltà;

- sport, dimenticato nel ddl, con una proposta che prevede di dare alle famiglie risorse da utilizzare per attività sportiva, in modo da sostenere indirettamente le tante realtà del settore;

- premi per i lavoratori del mondo della sanità che hanno lavorato sul Covid: lo Stato ha già versato quasi un milione di euro alla Provincia per tale premialità, ma le risorse sono finite nel calderone del bilancio dell’Apss. Ora si utilizzano per finanziare questo premio, senza conoscere i criteri e la platea, le risorse già accantonate per gli adeguamenti contrattuali. Cioè si premiano i lavoratori con i soldi che già spettavano loro. Un paradosso che non può essere accettato.

La disponibilità a lavorare insieme rimane confermata, occorre però lo sforzo di entrare nel merito e non fermarsi agli slogan.