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Dati contagi covid: cosa non sta funzionando?

Nel corso dell’emergenza Covid-19, le regioni sono state inserite all’interno di una rete nazionale di monitoraggio dell’andamento dell’epidemia.

Le modalità di acquisizione, trasmissione e rielaborazione dei dati sono molto importanti, non certo per stilare una classifica del contagio, ma per controllare l’andamento dell’epidemia e consentire di adottare le misure di contrasto adeguate.

La provincia di Trento, pur essendo stata colpita dopo rispetto alle regioni vicine, Lombardia e Veneto in particolare, ha subito vissuto una forte crescita dei contagi, probabilmente anche per alcuni errori iniziali (chiusura tardiva delle piste da sci, polemica con case di riposo rispetto all’accesso dei familiari..), in particolare una strategia che soltanto a fine marzo ha visto la volontà di incrementare i tamponi, accanto alla difficoltà di individuare prontamente nuovi contagiati e familiari asintomatici a domicilio.

Tuttavia, nel corso delle settimane, la Provincia di Trento, insieme alle sue strutture sanitarie, si è contraddistinta per trasparenza nella comunicazione dei dati, addirittura con conferenze stampa quotidiane con lettura del numero dei tamponi, dei contagiati comune per comune, dei decessi. Una trasparenza che deve essere riconosciuta e che non sappiamo se c’è stata in ogni regione italiana.

Fino ad inizio maggio il Trentino si è collocato al vertice delle regioni italiane per livello di contagio e per mortalità. Se sul numero dei contagi possono esserci variabili anche importanti nell’acquisizione, dati molto più solidi sono quelli relativi ai ricoverati in terapia intensiva e ai decessi, ed in tutti i casi c’è stata coerenza: il Trentino è stato uno dei territori con maggiore incidenza di contagio.

Le cose sono completamente cambiate ai primi di maggio, quando la Provincia ha iniziato a trasmettere al ministero dati diversi, in particolare quelli relativi ai tamponi con nuovi contagiati tamponati nei soli 5 giorni precedenti, escludendo tutti gli altri.

In seguito ad alcune inchieste giornalistiche che hanno evidenziato questa anomalia, che ha fatto precipitare il Trentino tra le regioni a più basso impatto da covid nell’arco di poche ore, la Provincia ha rassicurato tutti, affermando che si sono seguite le procedure e le indicazioni del ministero e della protezione civile, come per tutte le altre regioni.

Tutto ciò premesso, interrogo il presidente della Provincia e l’assessore competente per sapere:
1. se tutte le regioni italiane hanno adottato lo stesso criterio di trasmissione dei dati adottato dalla Provincia di Trento, e, in caso di risposta affermativa, per quale motivo non abbiano riscontrato lo stesso “crollo” nell’andamento dei contagi della nostra provincia, bensì un andamento molto più regolare;

2. se esista una comunicazione da parte della protezione civile, del ministero della salute o di altro apparato statale alla Provincia di Trento (o sue strutture), con la quale lo Stato evidenzia modalità errate di trasmissione dei dati da parte della Provincia di Trento;

3. se nella scelta rispetto all’interpretazione da dare alle disposizioni nazionali rispetto alla trasmissioni dei dati, si sia optato per l’interpretazione più forzata e restrittiva anche per motivi di immagine politica, perché la situazione grave che emergeva dalle analisi esponeva a critiche la condotta della giunta provinciale;

3. se il repentino cambio di rotta della giunta provinciale rispetto all’epidemia (si è passati da un rigore assoluto, che vietava le passeggiate, alle forzature per riaprire 3 giorni prima rispetto alle indicazioni statali) si sia basato sulla diversa modalità di raccolta dei dati;

4. di avere copia degli studi con i modelli matematici, più volte citati dal presidente Fugatti nelle conferenze stampa della sera, sui quali nel mese di aprile basava le numerose ordinanze, ed in particolare come siano cambiati nel corso delle settimane.

A norma di regolamento, chiedo risposta scritta.

Consigliere Avv. Luca Zeni