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Croci e cime Sabato mattina ho fatto una splendida corsa in Brenta, passando per tre cime: Piz Galin, Croz dell’Altissimo e Cima Lasteri, tutte intorno ai 2400 metri di quota. Su ogni cima c’era una croce. E ho percepito quelle croci come parte di quell’ambiente, non ho avvertito il senso di disturbo che provo in inverno sentendo la musica da discoteca provenire dai rifugi sulle piste, o quando passa un veicolo a motore in mezzo ai boschi. Sono croci del colore delle rocce, non arlecchinate, e si integrano con il paesaggio. Allo stesso tempo trovo serio che chi si occupa e vive la montagna si interroghi sul futuro, ne parli e gestisca con equilibrio eventuali nuove installazioni in montagna, ed è legittima la posizione di chi – come Messner – ci richiama ad una sacralità delle vette che dovrebbe lasciarle libere da ogni manufatto. La polemica sollevata per alcune dichiarazioni in quel senso da parte di un esponente del CAI è strumentale, perché non una sola persona ha mai immaginato di “togliere” le croci esistenti, ci mancherebbe anche quello. Del resto, a occhio, se chi oggi – dai palazzi della politica di Trento, Bolzano o Roma – si straccia le vesti usando questo tema per farsi paladino della cristianità, fosse venuto a correre in Brenta con me sabato con 2000 metri di dislivello per godere di quelle croci, avrebbe probabilmente dovuto usufruire dell’elisoccorso per rientrare a casa..